IL SILENZIO DEL PECCATO COPRE IL PADRE PEDOFILO
Lafosse prosegue l’analisi sui drammi familiari della buona società
Nel 2010 l’avvocato belga Victor Hissel, coinvolto come parte civile nel delicato caso di due sorelline di otto anni, sequestrate, seviziate e lasciate morire di stenti dal mostro di Marcinelle, veniva accusato di aver consultato migliaia di immagini e filmati a carattere pedopornografico. Rivelazioni che lasciarono sgomenta l’intera comunità belga: il figlio di Hissel, risentito nell’orgoglio per l’umiliazione pubblica sollevata dallo scandalo, reagì colpendo il padre con un coltello e ferendolo gravemente. Il reato contestato al legale fu individuato esclusivamente nell’uso di materiale pedopornografico, escludendo qualsiasi coinvolgimento fisico dell’uomo con minori.
Partendo da questo episodio realmente accaduto, Joachim LaFosse costruisce Un silence, proseguendo una sua personale analisi sui drammi che covano nelle famiglie. Sotto i riflettori, stavolta, un caso di pedofilia, molto simile a quello che coinvolse Hissel, con l’aggravante che qui l’avvocato di successo, François Schaar, interpretato con spavalda maestria da Daniel Auteuil (che ormai potrebbe fare il sosia più giovane di Robert De Niro), è dipendente dalla perversione sessuale che in passato l’ha condotto anche a consumare rapporti illegali. Sul piano professionale e per smacchiarsi quotidianamente la coscienza, Schaar è impegnato a difendere i diritti dei minori, organizza marce cittadine per sensibilizzare l’opinione pubblica sul pericolo del crimine dilagante; e, come Hissel, è il legale dei genitori di due bambine scomparse presumibilmente in un caso di pedofilia, mentre il fratello della moglie pensa di sporgere denuncia nei confronti del cognato per una violenza subita, anni addietro, quand’era ragazzo.
L’angoscia casalinga cresce ogni giorno sotto il vigile silenzio di Astrid (l’asettica Emmanuelle Devos), moglie di François, che sa tutto, e tutti vorrebbe proteggere rimanendo muta. Devotamente lei affoga nel silenzio ogni reazione. Lafosse punta il dito proprio su di lei sin dal titolo, si concentra sulle sue labbra serrate dal quieto vivere, blindate dall’orrore del peccato che negli anni le è lievitato nell’animo riducendola di fatto a complice della perversione del marito, a responsabile dell’insoddisfazione e della rabbia del figlio, e a mistificatrice del trauma del fratello. Astrid è la vera «peccatrice» del dramma familiare: responsabile di una colpa che la legge non punisce, ma che ha alimentato la tragedia fino all’esplosione finale.
Lafosse, dietro la macchina da presa, si rivela un ottimo psicologo. Alcune inquadrature sui campi lunghi segnano la rassicurante distanza tra il luogo pubblico e la proprietà privata, entro la quale l’avvocato si sente protetto di poter dar sfogo alle sue attitudini, conscio del potere del suo ruolo d’insospettabile, mentre i giornalisti assiepati in strada restano lontani ad osservare l’irreprensibile apparenza della buona società. Tuttavia nei luoghi angusti, se funzionano le riprese nei locali di polizia dove l’interrogatorio si rivela oppressivo, diventa ripetitiva e incolore la posizione della telecamera nelle scene girate in automobile (e non sono poche).
Foto: Daniel Auteuil, Emmanuelle Devos, Matthieu Galoux