«CHEGA DE SAUDADE», LA MUSICA È VITA
Per ricordare Francisco Tenorio, il regista si affida alla matita di Mariscal e alla Bossa Nova di Vinicius e Jobim
Ancora Sudamerica. Fernando Trueba e Javier Mariscal ci accompagnano alla ricerca di Francisco Tenorio Junior, un pianista desaparecido. E lo fanno nella maniera più verosimile possibile, utilizzando i personaggi che hanno vissuto la sconvolgente vicenda, gli amici che erano con lui al momento della scomparsa in Argentina, quei companheiros che portano il nome di Vinicius de Moraes, Toquinho, Mutinho, Azeitona, e poi gli altri che lo conoscevano: Carlos Antonio Jobim, João Gilberto, Caetano Veloso, Milton Nascimento, Gilberto Gil, Chico Buarque e anche tanti altri meno famosi, ma tutti uniti a ricordare la triste fine di O Tenorio. Una storia tutta brasiliana, che però si consuma in Argentina nel marzo del 1976.
Per avvicinarsi quanto più possibile alla sua idea di realizzazione, il regista Fernando Trueba ha affidato la sceneggiatura di Dispararon al pianista (evidente l’omaggio a Truffaut, ricordato nel filmato anche da Nascimento) ai disegni di Javier Mariscal; e insieme hanno ideato un’inchiesta giornalistica sulle tracce del musicista desaparecido. Con l’animazione è più facile avere a disposizione i famosi protagonisti della grande musica brasiliana degli anni Sessanta e Settanta e fargli ripetere esattamente quelle parole estrapolate sia dalle interviste dell’epoca che nei successivi reportage giornalistici, e anche nelle registrazioni ritrovate. Oggi molti di loro non ci sono più e solo in questo modo, la sceneggiatura può prendere le caratteristiche di un film anziché restare sui binari del documentario didattico. Anche se in realtà la proiezione annunciata è quella di un «documentario d’animazione per adulti». Sì, proprio per adulti, ma fin troppo casto!
«Dispararon al pianista» è una bellissima inchiesta giornalistica, proposta sul grande schermo, interamente scritta sulla base di materiale d’archivio. Tutto nasce da un articolo di un giornalista americano, tal Jeff Harris (che altri non è che Trueba), sulla Bossa Nova, quel genere di dolce samba che fu creato da Vinicius de Moraes e Carlos Antonio Jobim. Era l’anno 1958 e il brano era Chega de saudade (Basta nostalgia). Sono molti i testimoni che affermano che, dopo quella canzone, la musica brasiliana non fu mai più come prima. Vinicius aveva conosciuto da poco Jobim, e insieme stavano collaborando alla stesura musicale del film Orfeo negro (che sarebbe uscito nelle sale l’anno successivo). Il poeta sottopose un paio di strofe, appena scritte, al giovanissimo Carlos che in un attimo, ispirato da quei versi, inventò la Bossa nova, un samba jazz che, oltre a divulgare la musica brasiliana nel mondo, riuscì ad influenzare per circa un decennio persino il grande eterno jazz americano.
L’articolo di Jeff riscuote molto interesse nell’ambiente musicale newyorkese e gli si chiede di approfondire l’argomento e di scrivere addirittura un libro sulla storia della Bossa nova. Cominciano così i viaggi a Rio de Janeiro alla scoperta dei vecchi locali che ospitarono i grandi musicisti dell’epoca e all’improvviso spunta fuori il nome di Francisco Tenorio, un pianista assai virtuoso. Nome non nuovo per il nostro reporter che lo aveva letto sulla copertina di un vinile del quale aveva apprezzato il talento del pianista. Chiedendo quindi informazioni gli si spalanca la finestra sul mistero della sua scomparsa. Partì con il gruppo di Vinicius alla volta di Buenos Aires per una serie di concerti nel marzo del 1976. Alloggiavano tutti all’hotel Normandie, ma, la sera del 18 marzo, soltanto Francisco Tenorio, dopo l’esibizione, tornò in albergo con la sua compagna; gli altri seguirono Vinicius e il suo bicchiere di whisky a un banchetto. A notte inoltrata Francisco scese a comprare un paio di panini e le sigarette. Non fu mai più visto. Aveva 35 anni.
Le indagini di Jeff cominciano dal contesto politico, naturalmente; perché, si sa, in quel momento un’ondata militare stava soffocando da tempo l’intero Sudamerica, ovunque se ne avvertivano i timori: Paraguay e Guatemala, 1954; Brasile, 1964; Cile e Uruguay, 1973. In Argentina il governo della famiglia Perón – che già dal 1955 si alternava faticosamente a periodi di dittatura militare – stava nuovamente agli sgoccioli, e un concreto pericolo incombeva. Da tempo per le vie della capitale si notavano fosche Ford Falcon con targhe particolari (alle spalle di questo esercito spietato si nascondeva il sostegno della Cia) che procedevano a passo d’uomo; all’interno spiavano uomini con occhiali scuri dall’aria assai minacciosa. Il barbuto pianista brasileiro non poteva immaginare che la sua fisionomia potesse corrispondere allo stereotipo del militante di sinistra, colui che era individuato come un «criminale sovversivo». Mentre comprava le sigarette a notte fonda fu rapito per errore e portato via. Sei giorni dopo ci fu il golpe – ma tutto già si sapeva prima e nessuno riuscì a impedire che il paese ripiombasse nella catastrofe. Videla salì alla presidenza della Repubblica e lo Stato diventò il nemico numero uno del popolo. In Argentina ci furono oltre 40.000 vittima in quegli anni, tra i primi ad essere massacrato negli scantinati dell’Esma, il pianista della band brasiliana, Francisco Tenorio, artista di grande talento, che tutti i suoi amici ancora rimpiangono. Un autentico rapimento politico, ma anche un atroce abbaglio: l’unico a riconoscere l’errore fu, nel 2013, Claudio Vallejos, detto «El Gordo», un ex membro della Scuola di Meccanica della Marina (Esma), ma soprattutto uno degli autori materiali della scomparsa del Tenorinho, come lo chiamava il poeta.
Foto: al pianoforte Francisco Tenorio Junior, «Tenorinho», disegnato da Javier Mariscal