VINCE IL «PEDAGGIO» CHE IL POPOLO PAGA OGNI GIORNO
La Markowicz racconta le colpe del cattolicesimo in Sudamerica e sale sul trono del Rome Film Fest
Vince come Miglior Film Pedágio, la cui sceneggiatura risente fortemente delle conseguenze drammatiche di quello scempio che la chiesa fece in Sudamerica qualche secolo fa, quando, in nome della croce di Gesù, impose una tirannica educazione religiosa che fece più disastri delle crociate di Goffredo di Buglione in Terra santa. I danni di quelle storiche azioni scriteriate, a distanza di oltre quattrocento anni, danno ancora i suoi malefici frutti. È sufficiente un quadro di squallore e povertà, che nelle periferie delle città brasiliane è fin troppo facile riscontrare, e anche la caratteristica più comune della nostra epoca, vissuta con disagio da una madre di «sani principi», diventa motivo per il cattolicesimo (o tramite i suoi insegnamenti) di approfittare dell’ingenuità della brava gente.
È storia antica quella del popolo, da sempre schiacciato da ignoranza e fatalismo, che nelle difficoltà si rivolge alla chiesa illudendosi che sia il miglior viatico per ottenere la benevolenza di un Dio misericordioso. In un contesto, ovviamente, contemporaneo nel film di Carolina Markowicz, una madre disorientata dal comportamento del figlio, che mostra la sua omosessualità pubblicando sul web video in cui si esibisce truccato e abbigliato in maniera, per lei, vergognosa, si affida ai consigli di un’amica e collega, apparentemente irreprensibile, che le suggerisce di rivolgersi alle attività ecclesiastiche dove un santone pratica cure infallibili, ma costose. Costui spaccia le sue mistificazioni per miracolosi rimedi contro il maligno, responsabile delle devianze dell’umana specie. A noi, oggi, potrebbe sembrare un paradosso, ma le immagini che la Markowicz cesella con drammatico realismo, ci permettono di comprendere una verità certamente possibile. Tuttavia il film non è esente da bagliori surreali e lampi di arguta ironia che rendono la visione assai più accattivante: il dramma d’altronde è incombente sin dalle prime immagini che ritraggono particolari che introducono lo spettatore in una valle desolata di umanità.
Suellen (un’ottima interpretazione di Maeve Jinkings, in sala durante la proiezione insieme con la regista) è una madre apprensiva, pronta ad affrontare qualunque difficoltà per l’integrità e la salute di suo figlio; dignitosamente lavora al casello autostradale della periferia di una città avvolta dai fumi industriali. In questo arido scorcio dello stato di San Paolo non c’è nulla del Brasile colorato e carnascialesco, spensierato e tradizionale che siamo abituati a vedere. Non è neanche la miseria delle favelas, ma una realtà molto cruda e severa, nella quale Tiquinho (Kauan Alvarenga) riesce a trovare un diversivo che gli consente di evadere dalla tristezza di una vita affatto piacevole: indossa abiti da pink lady e sotto luci coloratissime mima, davanti alla telecamera del suo cellulare, le canzoni di Billie Holiday e di Dinah Washington. La sua dedizione al travestimento è sincera e innocente, ma non per sua madre che invece la reputa più dannosa delle abitudini malavitose del suo compagno, il quale vive rapinando il prossimo. Infatti, per pagare le esose cure del santone, a lui si rivolge e di lui diventa complice. Insieme studiano un piano per guadagnare più in fretta i soldi che occorrono, ma il meccanismo presto s’inceppa e la vita sembra riprendere più squallida di prima, se non fosse per la naturale vocazione di Tiquinho, che alla fine, dopo che l’ennesimo pedaggio è stato pagato, può aggiungere un colore al sorriso di sua madre.
Foto: Maeve Jinkings in «Pedágio» di Carolina Markowicz