VINCENZO ZINGARO: «IL TEATRO È UN VEICOLO DI PACE»
Sul palcoscenico di via Redi anche Mariano Rigillo, Giuseppe Pambieri ed Ennio Coltorti
Augurandomi che né Pirandello, né Cechov, e né Manfridi se la prendano, vorrei aprire con una battuta di spirito ascoltata tra il pubblico pochi minuti prima che cominciasse la presentazione della prossima stagione del cartellone del Teatro Arcobaleno, diretto da Vincenzo Zingaro. Una coppia di signori anziani sedeva accanto a me. Mentre lei leggeva sulla brochure qualche titolo alla rinfusa, lui sembrava assorto in pensieri tutt’altro che allegri. Lei, per coinvolgere il marito: «Vedi, c’è Plauto, c’è Eschilo, c’è pure Sofocle, Aristofane, ce so’ tutti quanti.» E lui, affatto rincuorato: «Meno male che ce stanno loro!»
In verità, Vincenzo Zingaro sa bene che «loro» sono fondamentali per il suo teatro, uno dei pochi (forse addirittura l’unico a Roma) che propone periodicamente commedie e tragedie classiche allestite senza troppi ammodernamenti. La commedia antica si adatta ad ogni tempo perché parla sempre di grandi temi che coinvolgono l’umanità e non occorre riadattarli per i nostri giorni. «Un’umanità sempre più avariata», ha detto Gianni Leonetti parlando del suo allestimento di Kraus (Gli ultimi giorni dell’umanità), «un testo improponibile – come si disse anche quando Ronconi s’imbatté nell’opera, eppure riuscì a sbalordirci – per questo lo facciamo.»
Siamo rimasti benevolmente sorpresi dal numero degli spettacoli in cartellone: sono sedici e abbiamo già avvertito il direttore artistico che torneremo a parlare sul delicato argomento sollevato da un articolo pubblicato giorni fa (La catena di montaggio non s’addice al palcoscenico) dal sottoscritto. La stagione dell’Arcobaleno, completa di date e schede per ciascun titolo, è consultabile su www.teatroarcobaleno.it
Si comincia il 19 ottobre con la vita di Artemisia Gentileschi (Non fui gentile, fui Gentileschi) con Debora Caprioglio nel ruolo della protagonista, oltre che come produttrice: «È la prima volta», dice emozionata. Il testo di Roberto D’Alessandro fa breccia sulla violenza alle donne. E di femminicidio ha parlato anche Rossana Longo, coreografa di Otello in danza: «Proviamo a sensibilizzare la collettività anche attraverso l’arte coreutica, prendendo a pretesto la figura emblematica di Jago, che rappresenta il male.» Le musiche saranno quelle verdiane.
Non mancano commedie più leggere e divertenti (L’asino d’oro di Apuleio, Pseudolus e Curculio di Plauto), e per i più piccoli c’è una Cenerentola swing ambientata in un locale americano anni Venti (1920), che balla il charleston. La festa di San Silvestro è affidata alla musica (Un secolo di canzoni e risate) di Nando Citarella. Grande attesa per Giovanni de Nava che propone Coppia d’assi: cioè, Pirandello e Cechov (L’uomo dal fiore in bocca e Il canto del cigno). Giuseppe Manfridi, riscrive il personaggio di Shylock, il giudeo (ruolo che sarà affidato a Ennio Coltorti), pronto a dibattere pubblicamente per affermare le sue ragioni sulle decisioni che aveva preso e per cui è stato condannato, approfondendo una storia che Shakespeare lasciò sospesa per dedicarsi all’amore tra Bassanio e Porzia.
Merita una nota a parte l’interessante trasposizione teatrale (La scomparsa di Ettore Majorana) dal saggio di Leonardo Sciascia. All’improvviso, nel 1938, si perse ogni traccia del giovane fisico siciliano che, con i suoi studi, si stava avvicinando alla scoperta di una devastante arma nucleare, la stessa, si presume, costruita nel 1945 da Robert Oppenheimer: sul mistero di Majorana, Sciascia ipotizzò una possibile teoria. La regia è affidata a Fabrizio Catalano, nipote dell’autore.
Sulla tragedia della guerra e sulla possibilità di pace, il teatro antico è portatore di saggezza. «Il teatro – dice Zingaro – è il veicolo migliore per dialogare. Esprime l’irrinunciabile. Rende vivo l’ascolto. Addirittura, insegna a saper ascoltare: virtù determinante per rispettare gli altri e rimanere in pace col prossimo.» Su questo concetto sociale, oltre che culturale, Zingaro ha incastonato nel repertorio dell’Arcobaleno alcuni testi classici, scritti oltre duemila anni fa, che ancora parlano del nostro tempo. Le eumenidi di Eschilo, che affronta il tema della giustizia popolare; Edipo a Colono di Sofocle (Giuseppe Argirò dirige Giuseppe Pambieri) nel quale si ribadisce il diritto dello straniero a essere accolto secondo le sacre leggi dell’ospitalità; I persiani di Eschilo (l’unica tragedia che ci è pervenuta integra nella sua scrittura) sulla battaglia di Salamina, dove un re dispotico (Serse, interpretato da Mariano Rigillo, per la regia è di Patrick Rossi Gastaldi) attacca la democrazia ateniese. E La pace di Aristofane (regia dello stesso Zingaro), una riflessione, anche con risvolti comici, sul delicato tema della guerra e l’affannosa ricerca di una comune serenità.
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Presentazione stagione 2023/24. Artisti presenti (in o. a.): Annalisa Amodio, Giuseppe Argirò, Elisabetta Arosio, Loredana Cannata, Debora Caprioglio, Giovanni Carta, Alessio Caruso, Alessandro Carvaruso, Fabrizio Catalano, Patrizio Cigliano, Nando Citarella, Ennio Coltorti, Jesus Emiliano Coltorti, Roberto D’Alessandro, Angelica Dini, Beatrice Fazi, Gianni Leonetti, Rossana Longo, Cinzia Maccagnano, Giuseppe Manfridi, Adriana Ortolani, Giuseppe Pambieri, Micol Pambieri, Francesco Polizzi, Giovanni Ribò, Mariano Rigillo, Pietro Romano, Anna Teresa Rossini, Edoardo Siravo, Silvia Siravo. Ha presentato Vincenzo Zingaro. Teatro Arcobaleno, via Francesco Redi, 1
Pubblicato anche su Quarta Parete il 05/10/23