ALL’ARCOBALENO UN’«ECCELLENZA NAZIONALE»
Con la Compagnia Castalia da 30 anni si cimenta nelle opere del teatro classico
Vincenzo Zingaro con il suo teatro Arcobaleno e la compagnia Castalia hanno festeggiato a marzo scorso i 30 di convivenza. «Trent’anni faticosi, ma ricchi di soddisfazioni.» Il percorso artistico e professionale di Zingaro comincia da molto lontano. «Ho iniziato a fare l’attore, poi mi sono appassionato alla regia, e ben presto ho sentito la necessità di ritagliarmi nel panorama teatrale uno spazio insolito, la commedia antica. Nel 1992 ho creato una compagnia a cui ho dato una sede e una casa che col tempo sono riuscito anche a ristrutturare.» Zingaro ha seguito il suo istinto concentrandosi sui testi classici delle opere di Aristofane – di cui quest’anno porta in scena La pace – e sull’intero repertorio della letteratura teatrale latina, da Plauto ad Apuleio.
Una passione che nasce addirittura tra i banchi di scuola: «Nei testi classici ho sempre riscontrato la forza dell’universalità; l’attitudine a eludere l’effimero del quotidiano, pur proponendo una forte satira sociale sempre attuale.» Oggi Zingaro è riuscito a portare avanti i suoi sogni intellettuali realizzando un centro stabile del classico al teatro di via Francesco Redi a Roma: «Un progetto che ha coinvolto oltre cinquecentomila studenti provenienti da tutti i licei di Roma e del Lazio, ma anche da altre regioni; che è riuscito a coinvolgere prestigiose università italiane ed europee; un progetto che pone il teatro classico come fondamento della civiltà contemporanea.»
Una realizzazione, grazie alla quale il 16 marzo scorso è stato insignito di un autorevole riconoscimento alla Camera dei deputati come Eccellenza nazionale per il trentennale della sua attività di regista, attore, drammaturgo, direttore artistico della Compagnia Castalia e del Teatro Arcobaleno da lui fondati. Nell’occasione Vittorio Sgarbi, in qualità di Sottosegretario alla cultura, scrisse: «Zingaro rientra di merito nell’illuminata élite di artisti che plaudono all’autenticità indipendentemente dalle mode che spesso guardano con sprezzo al passato. Non posso che apprezzare e sostenere l’ingegnoso lavoro che Zingaro conduce da anni restituendo al teatro la sua natura più autentica, sedotta dalla sacralità delle origini e aperta all’epopea di nuovi riti.»
Dunque, lode al merito e soprattutto alla costanza, anche perché non è l’unico riconoscimento: quest’estate al XXI Festival internazionale del Teatro romano di Volterra, Zingaro ha ricevuto il premio Ombra della sera per la sua attività di produttore, traduttore e regista di opere immortali: «E per aver vinto una scommessa in una scena italiana poco attenta alla commedia classica.» Tutte soddisfazioni importanti, ma che da un punto di vista pratico hanno un valore meno consistente, sostiene il cronista malizioso. «Se per pratico si intende il denaro, sì, certamente è così. Io, però, mi sento un artista e mi entusiasma l’applauso del pubblico, un gesto che testimonia un rapporto di stima e di fiducia che s’è creato: sono queste le cose per cui vado orgoglioso. E per conseguire questi successi continuo a lavorare senza tregua.»
Dal nulla Zingaro ha fatto fiorire non solo un Arcobaleno vivace e creativo, ma è riuscito a tessere intorno a sé una rete di credibilità e di serietà: «Punto sempre su un prodotto teatrale che lasci un segno. Spesso per raggiungere questo scopo sono costretto ad adattare i finali delle commedie per farle arrivare meglio al pubblico moderno. Opto sempre per una scelta di attori di qualità: non mi affido mai a nomi popolari che, sì, richiamano pubblico, ma non quello a cui io amo dedicare le mie energie, che invece mi segue da anni.» Il pubblico televisivo non interessa a Zingaro e al pubblico televisivo probabilmente non interessa l’impegno di Vincenzo Zingaro che fugge ogni iniziativa commerciale.
Tuttavia, per l’inchiesta che stiamo portando avanti noi occorre affrontare anche il discorso economico. Meno artistico, ma necessario all’arte. «In realtà non è proprio così. La perseveranza, lo studio e un apprezzabile prodotto finale, evidentemente di buona qualità, mi hanno permesso di accedere al Fondo unico per lo spettacolo. In questo caso è la validità dell’arte che persegue un fine economico e quindi ne trae beneficio.»
Il fus – com’è notoriamente indicato – è il sostegno per le attività dello spettacolo, nelle quali sono contemplate le performance musicali, di danza, quelle teatrali, e infine le circensi. La parte del leone, da sempre, la fanno i grandi teatri lirici, mentre alla prosa spetta una fetta di sovvenzioni assai minore: ovviamente, sono privilegiati gli enti pubblici rispetto alle gestioni private. «È un mondo molto complicato e dispersivo, nel quale, da studioso di una materia classica, da regista e da attore, non mi sarei mai voluto imbattere, ma essendo anche produttore e gestore devo far quadrare i conti e cercare un aiuto nei finanziamenti del ministero. Sono stato premiato proprio per la mia attività artistica: non nascondo che l’impegno mi porta via un sacco di tempo, ma grazie al contributo unico per l’organismo di programmazione, ora riesco a lavorare con meno affanno.» Anche questa è una soddisfazione!
Non siamo a conoscenza del reale criterio di ripartizione, ma sappiamo che esistono delle differenze anche tra i privati. «Conta molto il numero della capienza del teatro, ma anche l’affluenza effettiva degli spettatori; e non solo: c’è anche tanta sperequazione poco controllata. Tuttavia, mi reputo fortunato. Moltissimi altri spazi teatrali a Roma e in tutta Italia devono affrontare enormi difficoltà per andare avanti.» È giusto dire che, grazie al fus, Zingaro può mettere in cartellone soltanto sedici titoli? «No. Questa è una mia scelta personale per cercare di costruire una stagione teatrale omogenea e poco dispersiva: quest’anno come tema centrale ho scelto la dicotomia tra la guerra e la pace. Poi ovviamente devo accontentare anche le esigenze della platea che pretende anche spettacoli più leggeri. Le ragioni per cui si sceglie di fare cartelloni con tanti spettacoli sono imprevedibili: ognuno ha le sue esigenze e tutte vanno rispettate.»
Osservando meglio il cartellone dell’Arcobaleno si nota che si recita soltanto nella seconda parte della settimana: «Sì, partendo o dal giovedì o dal venerdì, fino alla domenica compresa.» Qualche spettacolo resta in scena per quattro giorni, periodo minimo, altri per due o tre settimane, «ma non sono mai piene, sei o sette recite come accadeva una volta. Oggi la doppia del sabato quasi non esiste più.» L’insidia di far forno è in agguato? «Avere una platea vuota è un duro colpo per chiunque, ecco perché preferisco concentrare le recite nel fine settimana. E con il sistema del 70/30 anche le produzioni cercano di tamponare i rischi e si viene sempre a un accordo cautelativo.»
Pubblicato anche su Quarta Parete il 09/10/23