17 ottobre 2024

«I Mezzalira – Panni sporchi fritti in casa», di Agnese Fallongo

Roma, Teatro Basilica
16 ottobre 2024

UNA TRAGEDIA UMORISTICA AMBIENTATA NEL «SUDDISSIMO»

La storia della famiglia Mezzalira sembra uscita dagli appunti non utilizzati dei grandi romanzi verghiani del ciclo dei vinti: caratteri popolari, terre da coltivare, giare e olive, fame e indigenza, baroni e contadini, canti evocativi e preghiere, desiderio di riscatto. Tutti temi tipici di una letteratura del Sud che se da un lato fu verista e drammatica, dall’altro (quello teatrale) resta tra le più briose e comiche dell’intera produzione italiana. Agnese Fallongo attinge da entrambe le miniere per costruire una tragedia umoristica ambientata in un sud un po’ più a sud del nostro meridione, praticamente nel suddissimo, che è territorio poetico. Un luogo della fantasia, dove si parla un interessante vernacolo popolaresco, nel quale si riconoscono molte parole dell’entroterra campano, ma con inflessioni lucane e anche siciliane. Insomma, un miscuglio giocoso che sposa perfettamente i ritmi da tammurriata e le belle melodie canore composte da Tiziano Caputo, laddove il dialogo ha bisogno di un sostegno drammatico o di una sospensione temporale.

L’intrigo domestico, man mano che si sviluppa, si tinge di giallo (per cui non racconterò nulla), assecondando quel proverbio che vuole che i panni sporchi son da lavare in famiglia: Santo Mezzalira (il padre), Crocifissa Martire (la madre), Pasqualina (la figlia), Petrosino (il figlio) e nonna Pitta addetta ai fritti. Sono loro I Mezzalira, protagonisti della fuga dal vecchio paese al nuovo, dove Crocifissa proseguirà a cucire e a pregare, Santo imparerà un altro mestiere, Pasqualina aiuterà la madre e la nonna continuerà a friggere e a litigare con la nuora. La storia viene narrata da Petrosino quando ormai ha la barba, i capelli brizzolati (Adriano Evangelisti) e un vestito più moderno dei suoi genitori e di sua sorella. Ormai lo vediamo affrancato dalla condizione nella quale si trovano gli altri, avvolti in un passato oscuro e difficile.

Mostrare in scena, contemporaneamente, presente e passato è la soluzione che Raffaele Latagliata, che ha curato la regia, propone per valorizzare la teatralità di un testo costruito sul modello de «I 39 scalini» di Patrick Barlow. Lì erano tre attori che ricoprivano innumerevoli ruoli, più un protagonista fisso; qui sono due interpreti (bravissimi e affiatati) che si avvicendano cambiando d’abito, a cui si aggiunge una voce narrante estranea alla viva vicenda. Il gioco teatrale funziona grazie a un perfetto tempismo: vedere l’eclettico Caputo trasformarsi da padre a nonna, fino a divenire parroco, mutare la voce, la postura e la gestualità è un effetto certamente affascinante ed entusiasmante; osservare la Fallongo come passa dall’essere madre sarta e bigotta a figlia ribelle e mignotta, soltanto tirando giù le trecce e sfilandosi uno scialle, è la magia del teatro che incanta sempre. I duetti con la nonna sul pane infornato sono esilaranti, degni della più classica comicità italiana. Latagliata azzarda, con semplice inventiva, anche una sfida «metateatrale», mettendo di fronte madre e figlia in un dialogo (senza risposta) tra i due personaggi separati da una provvidenziale porta.

Tuttavia, mentre in scena la coppia Fallongo-Caputo dà vita alle ansie dei personaggi disagiati in un’epoca di metà Novecento, Evangelisti, ben vestito e signorilmente curato, lascia già prevedere con largo anticipo che l’economia familiare abbia avuto una svolta decisiva, e che la vecchia Mezzalira sia diventata milionaria. Non riesco a capire se l’indicazione sia voluta o meno. Voglio dire che l’elegante gilet e la barba ben fatta smorzano suspence all’intrigo: il risultato è lì che si palesa davanti ai nostri occhi. Ma a che pro?

Comunque, grande abilità interpretativa. Sezione musicale, impeccabile. Un testo divertente pur se con qualche retorica di troppo: «anche le formiche devono essere cicale». Ormai da anni abbiamo ricevuto il brevetto di cicale, purtroppo ci hanno imposto il divieto di cantare! (fn)
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I Mezzalira – Panni sporchi fritti in casa, di Agnese Fallongo. Con Agnese Fallongo, Tiziano Caputo, Adriano Evangelisti. Musiche originali Tiziano Caputo. Costumi Daniele Gelsi. Scene Andrea Coppi. Regia Raffaele Latagliata. Al Teatro Basilica, fino al 20 ottobre

Foto: Adriano Evangelisti, Tiziano Caputo e Agnese Fallongo (© Tommaso Le Pera)

 

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