22 ottobre 2024

«Meat» di Gillian Greer

Roma, Teatro Belli
21 ottobre 2024
Per la rassegna Trend
Nuove frontiere della scena britannica

L’IRLANDESE SI PERDE CON IL CONTORNO!

Se a poco più di 30 anni uno scrittore è sempre in erba, Gillian Greer è ancora una giovanissima irlandese già abbastanza indispettita dalle esasperazioni del politically correct. Nata nel 1991, ha intrapreso la carriera letteraria e teatrale, frequentando il Soho Theatre di Londra, ma resta una donna di grezzo sangue irlandese e non inglese («… che è tutta un’altra cosa!», diceva un amico conosciuto nei libri). La sua carne è primordiale come la sua terra. Meat, commedia presentata al Belli, fino a mercoledì, per la rassegna Trend, infatti, è il frutto drammaturgico – se ho capito bene – della sua spontaneità d’animo che vuol tradurre con la verità della parola. Equivale, per allegoria, in maniera più moderna, concreta e provocatoria, a quel modo di dire che nei nostri Vangeli è ripetuto due volte: In verità, in verità vi dico… che quel che la Greer scrive riflette l’onestà del suo spirito artistico e ribelle.

La parola, dunque, si fa carne, e della migliore qualità: un elemento culinario, oggi, al centro di profonde discussioni (probabilmente inutili), di acerrime diatribe che sfociano – sui social certamente – anche in risse verbali con offese che coinvolgono avi fino alla terza generazione. Sono le faide di vegani e vegetariani contro i buongustai, sono le squadriglie di animalisti che provano a vendicarsi del piacere gastronomico dei carnivori. E sono anche coloro che sentono puzza di patriarcato perfino in uno sbadiglio controvento che muove violenza alle donne. Per carità, la vera violenza va arrestata, impedita e punita, ma la Greer con il suo quadro ribelle cerca di ritrovare un’autenticità di linguaggio e di comportamenti, mettendo sotto la lente d’ingrandimento un caso di presunto stupro che, riportato dalla vittima, sembra violento, riesaminato poi dalla controparte, assume tutt’altre caratteristiche.

Max, che è una ragazza di ottima famiglia, ha scritto un libro nel quale narra una storia inquietante e vissuta: durante una festa, dove s’era bevuto qualche bicchiere di troppo, è stata violentata da Ronan, in piedi e con le spalle al muro. Ma i particolari che l’altro aggiunge all’episodio tolgono certezze e accrescono dubbi all’attendibilità del racconto di Max (Caterina Grosoli, elegante nel portamento, ma con un accentuato sigmatismo). La quale tralascia che, all’epoca dei fatti, era fidanzata con Ronan (pepato e convincente Giulio Mezza) e che subito dopo aver avuto il rapporto incriminato con lui, ne ha avuto un altro – consenziente – con un tipo che era lì. Si tratta, dunque, di violenza? Per fortuna, non siamo in un’aula di tribunale, ma al tavolo del ristorante di Ronan. Il volume ancora non è stato pubblicato e, mentre lui e lei si violentano e si stuprano a vicenda, divorando chili di fegato d’oca che si spalmano sul viso, e bevendo litri di vino che poi si sputano addosso, arrivando naturalmente a baciarsi, l’algida Jo (una vertiginosa Elena Orsini), cameriera e socia, chiede a Max il motivo della sua visita: aveva bisogno costei del permesso di Ronan per far uscire il libro, o c’è qualcos’altro?

Se le premesse della pièce sembravano interessanti, lo svolgimento e soprattutto la conclusione appaiono vane ed esasperate. La Greer, direi, si perde con il contorno! Infatti, è proprio l’idea del ristorante di lusso che crea un distacco tra un quadro troppo realistico e una cornice evanescente. È il luogo immaginario, intorno al tavolo dei commensali affamati d’amore, che turba le aspettative di un rapporto non risolto, rimasto agganciato e sospeso all’uncino della catena del passato, che ora non riesce a calare sulle solitudini disturbate dei due innamorati, perché entrambi sentono ancora forte il richiamo vivo della carne, ma non hanno né il coraggio e nemmeno il pudore di cedere alla passione. Cosicché, sulla tavola della grande abbuffata si consuma un banchetto orgiastico senz’anima e senza sessualità. Soltanto un po’ fine a se stesso. (fn)
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Meat, di Gillian Greer, traduzione Elena Orsini. Con Caterina Grosoli, Giulio Mezza, Elena Orsini. Regia di Giulio Mezza e Martina Glenda. Al teatro Belli, fino a mercoledì 23

Trend. Nuove frontiere della scena britannica (XXIII edizione). Rassegna teatrale a cura di Carlo Emilio Lerici. Al teatro Belli fino al 17 novembre

Foto: da sin. Giulio Mezza, Elena Orsini e Caterina Grosoli (© ???)

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