10 ottobre 2024

«Please, feel free to share» di Rachel Causer

Roma, Teatro Belli
9 ottobre 2024
Per la rassegna Trend
Nuove frontiere della scena britannica

IO SON COLEI CHE MI SI VEDE

Per quanto possa essere comodo e per qualcuno addirittura socievole, il cellulare in palcoscenico è un oggetto brutto assai. E se diventa protagonista, o quasi, crea una distanza abissale tra ribalta e platea. Nel gergo cinematografico si direbbe che «non passa lo schermo», benché si tratti proprio di un piccolo schermo. Ma forse proprio per le immagini che trasmette al singolo, e non a tutti, resta isolato dalla partecipazione di una platea. Anche le parole che emette sono rivolte solitamente a una sola persona e non a un gruppo: insomma è l’apparecchio più ostico che si possa pensare per riempire il palcoscenico e per affascinare un uditorio. Rachel Causer, giovanissima autrice inglese, costruisce con coraggio un monologo incentrato sul cellulare e sugli effetti che il suo uso produce sulla gente.

Testo socialmente accattivante, ma che fatica molto a conquistare l’interesse del pubblico. All’interno ci sono delle battute, c’è dell’ironia, del sarcasmo, ed è normale che gli spettatori recepiscano lo spirito più superficiale e che ne ridano, ma Please, feel free to share resta un monologo «a circuito chiuso». La traduzione del titolo è Per favore, sentitevi liberi di condividere. L’autrice sente il bisogno di chiedercelo con garbo di condividere il suo pensiero, che è rivolto a un parterre che esclude chi ancora è poco avvezzo alla tecnologia, chi ancora è legato a un linguaggio letterario, chi diffida del benessere che l’aggeggio ha aggiunto alla nostra quotidianità.

Alex, che sta per Alexandra, la protagonista interpretata da Martina Gatto, è una «consulente web e social media» – avverte la nota e lei stessa ripete in scena – «Ha sviluppato una dipendenza per le bugie. Foto photoscioppate, personal branding aggressivo…» Ecco, per chi è cresciuto a To be or not to be, o a Io son colei che mi si crede, diventa, non dico un problema, ma quanto meno una fatica condividere il convulso mondo di Alex. La quale è alla ricerca costante di nuove e improbabili personalità, perché ha capito che per essere qualcuno, non conta la sincerità o la verità, ma è sufficiente sbalordire gli altri affinché credano ciò che lei non è. Teoria non molto distante dal pirandelliano «Io son colei che mi si crede». Meglio ancora: io son colei che mi si vede! Soltanto così si diventa famosi: riuscendo a far di sé l’immagine intercambiabile per ogni occasione e per ciascun momento. Basta pubblicare un selfie: stasera felice in discoteca con gli amici, domani rilassata sulla spiaggia alle Maldive. Insomma, risolvendo sommariamente la questione amletica, Alex preferisce di gran lunga il not to be, e «secondo tutte le possibilità del non essere che sono in noi: “uno” con questo, “uno” con quello — diversissimi!». Purché, con l’aiuto del cellulare, si possano modificare tristezze e solitudini.

Il personaggio immaginato dalla Causer propone in chiave contemporanea i classici temi già dibattuti in teatro. Esibisce le sue differenti personalità dal vivo partecipando alle riunioni dei gruppi di sostegno, provando lì nuovi caratteri, tentando con iperboliche menzogne di affascinare coloro che ascoltano, di provocare invidia in chi la osserva. Soltanto in questo modo riesce a photoscioppare la sua vita, ossia a falsificare l’originale. Ma dietro queste centomila maschere, guarda un po’, si nasconde una reale disperazione. E non diremo di cosa si tratta, perché, nel caso il monologo venga riproposto in futuro, il mistero potrebbe essere motivo di curiosità.

Tuttavia, nel caso venga riproposto, occorre sicuramente pensare a una regia, che non può essere così vaga ed effimera come quella suggerita da Dafne Rubini. In scena deve pur accadere qualcosa affinché il testo prenda vigore. Un monologo non può essere soltanto un racconto al pubblico intervallato da brevi dialoghi con nessuno. Se Alex racconta molte bugie e poche verità, una differenza, mia cara regista, si deve avvertire, altrimenti è come leggere il copione seduti al tavolino. Così non va! (fn)
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Please, feel free to share di Rachel Causer, con Martina Gatto. Traduzione Marco. M. Casazza, regia Dafne Rubini. Teatro Belli, 7-9 ottobre
Trend. Nuove frontiere della scena britannica (XXIII edizione). Rassegna teatrale a cura di Carlo Emilio Lerici. Al teatro Belli fino al 17 novembre

Foto: Martina Gatto (© ???)

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