L’ONORE DELL’ULTIMA PAROLA ALLA PREDILETTA
Presentato al Rome Film Fest il documentario su Strehler, protagonista Giulia Lazzarini
Nel 1994, durante un viaggio all’estero, Giorgio Strehler scriveva a Giulia Lazzarini: «… vorrei che fossi tu a darmi l’ultima parola». Si trattava di una richiesta del regista all’attrice su una questione professionale, ma dopo aver visto il documentario di Maria Mauti, che dal volume epistolare curato da Stella Casiraghi («Lettere sul teatro», Archinto 2003) è riuscita a estrapolarne il senso formativo del mestiere e a tradurlo in immagini con la voce della stessa Lazzarini, quel «… vorrei che fossi tu a darmi l’ultima parola» torna all’orecchio come una frase testamentaria. La sensazione nasce, senza alcuna forzatura, anzi con estrema naturalezza, per aver visto e compreso il rapporto profondo tra maestro e allieva. Lui, il padre mentore; lei, la figlia fedele. Non è un caso che il filmato della Mauti porti nel titolo il sentimento di una unione indissolubile Giulia mia cara! Giorgio.
Il documentario, così, assume per traslato l’esecuzione delle ultime volontà di Re Giorgio. Grazie al prezioso lavoro della Mauti, noi, amanti del teatro, apostoli senza portafoglio di un certo tipo di teatro che purtroppo ormai si ricorda soltanto nelle pagine dei libri, quel teatro che si arrampica «sulla verticale dell’infinito», come suggerisce il Maestro, dopo esserci noi abbeverati alla sua fonte, possiamo sentirci ora un po’ più edotti e fortunati, sì, ma anche più soli. E l’ombra della solitudine dell’uomo di teatro si avverte costante. Giulia Lazzarini, ultima erede di quel palcoscenico «infinito» che fu il Piccolo di Milano, novant’anni compiuti, è stata la più duttile delle attrici di Strehler. Dalle sue mani si è fatta seppellire nella sabbia beckettiana dei Giorni felici e per lui si è involata nel cielo della Tempesta shakespeariana: il teatro, come si vede, continua ad essere la più paradossale delle arti. A volte, addirittura soltanto un paradosso e basta! E lei, con la sua innata delicatezza, la più avvincente delicatezza, quella che mai ha fatto trasparire una riservata e tenace caparbietà d’attrice indipendente, l’ha invece spinta, da Polly ad Ariel, da Clarice a La Sgricia, da Winnie a Varia fino a Madre Coraggio, a salire lassù, sulla verticale dell’infinito, dove solo il maestro riusciva a immaginare l’iperbole della sua creazione. Il film (prodotto da Ladoc e Filmmauti con il sostegno di Intesa Sanpaolo, e in collaborazione con il Piccolo teatro) è anche questo: un occhio indagatore su misteri e confidenze di due giganti della scena teatrale del secondo Novecento. Lui immensamente ingombrante, lei straordinariamente corrispondente.
Giulia Lazzarini |
Maria Mauti e Giulia Lazzarini si sono conosciute anni fa per un documentario sull’architetto Piero Portaluppi, nel quale l’attrice ha contribuito come voce narrante: dall’incontro è nata l’idea di un film su Strehler attraverso le lettere, una storia nascosta che soltanto Giulia avrebbe potuto svelarci, mettendo a disposizione il materiale che era in suo possesso, la sua esperienza, la conoscenza, la sua devozione. Grazie alle immagini dell’archivio del Piccolo la grande magia di far rivivere sullo schermo il rapporto tra Strehler e Lazzarini ha prodotto i suoi benèfici effetti. S’intuisce, infatti, che Giulia, assimilando le indicazioni del maestro, diventava la materia viva di un’idea creativa, la reale visione di un immaginario che lui ipotizzava. Solo lei sapeva donare alle teorie del maestro quell’aspetto frammentato che lui esigeva per il palcoscenico: una fiducia reciproca immensa, fondamentale per la ripresa della commedia di Shakespeare nell’ottobre del 1983 per l’inaugurazione del Théâtre de l’Europe a Parigi: «… se pensi – chiedeva Strehler – di assumerti questo compito ingrato e meraviglioso di far rivivere Ariel, oppure no. È chiaro che io senza di te La tempesta non la immagino nemmeno, ma d’altra parte non ho vie d’uscita. Inaugurerò il Teatro d’Europa con La tempesta a qualsiasi costo». Apparentemente in questa frase era sottinteso un severo ultimatum, ma si capisce bene, invece, che intimamente ci fosse soltanto una richiesta d’aiuto, forse anche d’amore, da parte del padre, alla quale la figlia, subito, cede senza farsi ulteriormente pregare.
La stessa fiducia, diventata più tardi solida intesa, ha dato vita all’ultimo atto dei due protagonisti, quando Re Giorgio allestì Elvira, o la passione teatrale, spettacolo che andò in scena per inaugurare, il 30 giugno 1986, il Teatro Studio, l’ex Teatro Fossati appena restaurato, ora intitolato a Mariangela Melato. L’opera si basava su sette lezioni che Louis Jouvet tenne nel 1940 al Conservatorio d’Arte Drammatica di Parigi, all’epoca occupata dai nazisti, per preparare, insieme all’allieva prediletta Claudia, l’intensa scena sesta del IV atto del Don Giovanni di Molière. E Strehler, nella sua personale e necessaria esibizione che il regista proponeva durante le prove, ammise con serena ingenuità che in quella partitura, che lui stesso aveva composto, c’erano le voci di Don Giovanni a Elvira, di Louis a Claudia e di Giorgio a Giulia, allieva prediletta. L’immedesimazione simbiotica era già annunciata, non restava che la prediletta gli donasse l’ultima parola. E Giulia, davanti alla telecamera di Maria Mauti, l’ha fatto con la sua personale umiltà e il suo profondo affetto.
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Giulia mia cara! Giorgio, di Maria Mauti. Fotografia, Ciro Frank Schiappa; montaggio, Valentina Andreoli; musiche, Fiorenzo Carpi; con Giulia Lazzarini e con i filmati dell’archivio del Piccolo Teatro di Milano, sceneggiatura e regia di Maria Mauti. Presentato alla XIX Festa del Cinema di Roma. Al Maxxi, 22 e 24 ottobre 2024
Foto: Giorgio Strehler, di spalle Giulia Lazzarini, durante le rappresentazioni di «Elvira, o la passione teatrale» (© ???)