CARO ALBERICI, FUORI AL TEATRO CI DOVREBBE ESSERE LA FILA
«Se lo spettacolo vi è piaciuto, ditelo in giro e invitate almeno una persona a venire a vederci. Noi saremo felici». Sono le parole che Francesco Alberici, al termine del suo Bidibibodibiboo, in scena alla Sala Umberto fino a domenica, ha pronunciato in ribalta, davanti a una platea plaudente, ma non gremita: eppure avrebbe meritato il tutto esaurito. E un mese di repliche. Il teatro va aiutato e invece l’organizzazione che oggi si adotta in tutta Italia lo sta mortificando. A doversi impegnare per questa crociata, rischiosa certamente (ma in teatro il rischio d’impresa è l’unica certezza), devono essere i produttori e i gestori delle sale. I primi dovrebbero – in buona fede, naturalmente – suggerire ai secondi quali sono gli allestimenti che meritano di restare in cartellone più tempo, quelli su cui porre attenzione e maggior fiducia. In un momento difficile come quello che stanno vivendo, ormai da anni, le platee romane (e non solo), gli spettacoli non possono essere trattati tutti alla stessa maniera: ci sono quelli che vanno «licenziati» subito (non mancano!) e quelli che vanno «promossi» e sostenuti. Solo così il pubblico potrà rieducarsi alla qualità. Soltanto così le nuove valide leve del palcoscenico potranno essere conosciute e rispettate.
I nomi televisivi, quelli che molti pessimi produttori vogliono accaparrarsi per riempire di stucchevole vanità il manifesto, stanno da tempo distruggendo le operazioni più coraggiose ed elitarie che restano nascoste, silenziose, come se appartenessero a un teatro di contrabbando, illecito. Se uno spettacolo è valido, cari gestori, trattatelo bene, sappiate che avete per le mani un oggetto prezioso, raro, moralmente aristocratico, a cui bisogna essere grati; non mandatelo via subito, non pigliatelo a calci nel sedere, rispettatelo, fatelo crescere, regalategli l’onore che merita, e ditegli grazie, che tanto ne arriverà un altro che non sarà migliore; eppure, voi, li trattate tutti alla stessa maniera: ma allora ditemi a che serve fare bene uno spettacolo se la bella novità avrà poi gli stessi riconoscimenti pratici di un vecchio scarpone? Perché non avete la cura del bello? Perché non avete più fiducia nel prodotto ben fatto che vi passa per le mani?
E voi altri, spettatori ingrati, che dopo il tramonto vi chiudete in casa a guardare la televisione, per quale motivo aspettate di uscire soltanto per andare a vedere in teatro quel che ogni sera vi propina la tivvù? Sappiate che spettacoli belli, nuovi, contemporanei, educativi, intelligenti e perfino spiritosi, ogni tanto passano per le platee e si debbono acchiappare al volo. È la legge dell’attimo fuggente, non bisogna lasciarselo scappare. È la diseducazione dell’usa e getta che impone un cartellone stagionale con 30/40 titoli controproducenti. Sì, sono arrabbiato, perché le parole di Alberici mi hanno scosso profondamente. Un lavoro come il suo non deve elemosinare spettatori, ma fuori al teatro ci dovrebbe essere la fila, una fila tanto lunga da convincere le maestranze a conservare un bene di tutti, e a riprogrammarlo per tutti in un futuro immediato.
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Bidibibodibiboo, di Francesco Alberici. Con Francesco Alberici (Daniele), Maria Ariis (dirigente dell’azienda e la mamma), Salvatore Aronica (Pietro), Daniele Turconi (attore e macchinista), Andrea Narsi (l’avvocato), e (al pianoforte) Eugenio Abruzzese. Scene di Alessandro Ratti. Regia di Francesco Alberici. Alla Sala Umberto, fino al 20 ottobre