«QUANDO L’INFANZIA NON AVEVA CASE, MA STRADE»
La stagione dell’India s’è inaugurata con una magnifica pedalata in bicicletta nel nostro passato recente e remoto, piacevole ed emozionate, distensiva e avvincente; mai in salita, ma anzi con un arrivo in velocità felice e commovente, al termine di un leggero pendio addirittura cinematografico, tante sono le immagini che rievoca la descrizione. Valerio Aprea, fino al 27 ottobre nello spazio vicino al gasometro, negli ex capannoni di Rancati, legge il racconto di Sandro Bonvissuto dal titolo Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato ad andare in bicicletta: un po’ lungo come titolo, ma – tranquilli – non è proporzionato al racconto, che invece ha la durata di un soffio e la gradevolezza di un tramonto d’estate. Perché si svolge proprio nei giorni estivi.
Aprea, tralasciando l’impegno di dover recitare una parte e sorvolando lo studio di uno o più personaggi, si concentra sull’interpretazione delle singole parole, a volte anche delle sillabe, restituendo ad esse il valore di un tempo passato rimasto sospeso nella memoria dell’autore. Il quale con leggerezza salta dalla descrizione del bambino che ieri era, alle considerazioni dell’uomo di oggi. La storia è tra le più comuni ed elementari: un bimbo di cinque anni, in vacanza con i genitori in un posto di mare, vedendo che i suoi amichetti, appena più grandi, vanno in bicicletta, prende atto che lui non ci sa ancora andare. Chiede: come si fa ad andare in bicicletta? Nessuno sa spiegarglielo. Il titolo, quindi, ci aiuta a immaginare lo svolgimento della trama, anche se la figura paterna arriva soltanto alle ultime pagine.
La qualità della scrittura, però, acquista valore letterario, e vien fuori con solida abilità, non tanto dalla tenera vicenda infantile, che certamente accomuna un po’ tutti, ma dalla capacità dell’autore di alternare spesso brevi, argute e ironiche digressioni che commentano il mondo dell’infanzia visto da un adulto; tuttavia, senza mai uscire dal personaggio narrante che è il bambino. Così, il tempo passato si riflette nel presente e viceversa, con quella stessa andatura dei pedali che si avvicendano, uno avanti e uno indietro, rincorrendosi in un circolo perpetuo. È il moto che genera l’equilibrio: quella magia che nessuno sa spiegare, e che consente alla bicicletta di rimanere stabile su due ruote, e al racconto di oscillare tra umorismo e poesia, tra simpatia e commozione, rispettando una perfetta armonia. Non è un caso che Bonvissuto abbia studiato filosofia.
Foto: Valerio Aprea (© Stefano Cioffi)
Il racconto è pubblicato nel volume Dentro, Einaudi, 2012