IN UN BAGAGLIO CARICO DI BENE, I RICORDI DEL PICCOLO MOMÒ
Il sipario si apre sulle note di Padam Padam, brano musicale portato al successo nel 1955 da Edith Piaf. Si dice che le parole furono riscritte per lei, per raccontare la sua travagliata storia d’amore con Marcel Cerdan, il pugile. La musica, a ritmo di valzer, sembra contenere allegria, ma invece è densa di nostalgia, di ricordi che riaffiorano. La prima strofa chiarisce il senso della canzone e anche la scelta di Silvio Orlando di voler introdurre il personaggio narrante di La vita davanti a sé presentato dai versi sottintesi: «Questa melodia che mi ossessiona giorno e notte / Questa melodia non riguarda il presente / Ma arriva da dove io arrivo / Ed è composta da centomila musicisti» che ovviamente sono i ricordi che risuonano nella mente del piccolo Momò. Un bambino di appena sei anni, forse dieci, forse di più, figlio di una prostituta scomparsa all’improvviso e cresciuto da Madame Rose. Momò, narrando la sua storia di orfano, in effetti, racconta la vita di Madame: una ex prostituta ebrea, scappata dai campi di concentramento e rifugiatasi a Parigi dove per vivere s’è data al mestiere più antico; quando l’età non le ha più consentito di poter lavorare con regolarità ha aperto una pensione per allevare i figli delle sue colleghe più giovani.


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