18 dicembre 2025

«La vita davanti a sé», da Romain Gary (regia, S. Orlando)

Silvio Orlando ("La vita davanti a sé", di R. Gary)

Roma, Teatro Quirino
17 dicembre 2025

IN UN BAGAGLIO CARICO DI BENE, I RICORDI DEL PICCOLO MOMÒ

Il sipario si apre sulle note di Padam Padam, brano musicale portato al successo nel 1955 da Edith Piaf. Si dice che le parole furono riscritte per lei, per raccontare la sua travagliata storia d’amore con Marcel Cerdan, il pugile. La musica, a ritmo di valzer, sembra contenere allegria, ma invece è densa di nostalgia, di ricordi che riaffiorano. La prima strofa chiarisce il senso della canzone e anche la scelta di Silvio Orlando di voler introdurre il personaggio narrante di La vita davanti a sé presentato dai versi sottintesi: «Questa melodia che mi ossessiona giorno e notte / Questa melodia non riguarda il presente / Ma arriva da dove io arrivo / Ed è composta da centomila musicisti» che ovviamente sono i ricordi che risuonano nella mente del piccolo Momò. Un bambino di appena sei anni, forse dieci, forse di più, figlio di una prostituta scomparsa all’improvviso e cresciuto da Madame Rose. Momò, narrando la sua storia di orfano, in effetti, racconta la vita di Madame: una ex prostituta ebrea, scappata dai campi di concentramento e rifugiatasi a Parigi dove per vivere s’è data al mestiere più antico; quando l’età non le ha più consentito di poter lavorare con regolarità ha aperto una pensione per allevare i figli delle sue colleghe più giovani.

16 dicembre 2025

Riflessione sulla tutela d’autore che scade dopo 70 anni

Roma, 16 dicembre 2025

SHAKESPEARE E MOZART DOVREBBERO ESSERE RISARCITI

I diritti degli «immortali» in aiuto ai giovani artisti

Fra quindici giorni, il 31 dicembre, i diritti che proteggono gli scritti di Thomas Mann scadranno. Con l’arrivo del nuovo anno anche le opere di Paul Claudel perderanno i loro profitti. Saggi, prose e poesie, testi teatrali e musicali di autori deceduti nel 1955 diventeranno di dominio pubblico, compresi quelli di Charlie Parker, padre del bebop jazz. Ogni opera è protetta dal giorno del suo battesimo – che corrisponde al momento del deposito presso la società incaricata – fino a 70 anni dalla morte dell’autore: il dominio scade, appunto, il 31 dicembre successivo al 70° anniversario del decesso. Questo significa che, per esempio, chi vorrà rifare una nuova edizione cinematografica o teatrale della Morte a Venezia dal primo gennaio sarà libero da permessi e da pagamenti per liberatorie, e quindi ci si potrà ubriacare con Aschenbach o con il vecchio Buddenbrook senza alcun timore di essere sorpresi dal controllo delle autorità predisposte. Si cita Thomas Mann solo perché il nome è il più autorevole, e i suoi scritti hanno ispirato tanti altri autori e registi a impegnarsi in riscritture, adattamenti e rielaborazioni, ma il discorso vale per tutti, anche per la meno conosciuta Anne C. Flexner, commediografa statunitense, i cui eredi fra meno di due settimane perderanno, qualora ancora ce ne fossero, gli introiti scaturiti dalle rappresentazioni delle sue commedie che all’epoca pare fossero di enorme successo.

13 dicembre 2025

«Scende giù per Toledo» di Giuseppe Patroni Griffi (regia, R. M. Azzurro)

Roma, Off/Off Theatre
12 dicembre 2025

ROSALINDA SPRINT CONTRO IL POLITICAMENTE CORRETTO

Nei giorni che precedono il ventesimo anniversario della morte del suo autore (15 dicembre 2005), Rosalinda Sprint passa, ovviamente sempre di fretta, per la nobilissima via Giulia. Roma che ha accolto Giuseppe Patroni Griffi sin dal 1945, lo ricorda con l’allestimento all’Off/Off theatre di Roberto Maria Azzurro, il quale, in forma ridotta, porta in scena le parole del personaggio simbolo dello scrittore napoletano. Peppino era legatissimo a Rosalinda Sprint, protagonista del romanzo pubblicato nel 1975, dopo undici anni di gestazione; talmente affezionato all’idea della suggestione letteraria che difese strenuamente la sua fantasiosa creatura tra le pagine del libro, proteggendola da qualunque tentativo di volerle attribuire una fisionomia cinematografica o teatrale (qui l’approfondimento sui diritti d’autore).

12 dicembre 2025

«Futti futtitinni ma non ti fari futtiri» di D’Alia-Malaponti-Castriziani

Castriziani e D’Alia (© Paolo-Porto)

Roma, Spazio Diamante
11 dicembre 2025

LA MAFIA È UN’ORGANIZZAZIONE PIRAMIDALE, COME L’ARANCINO!

La mafia in Sicilia non è soltanto una Cosa nostra come quella di Riina, Provenzano e Buscetta ma è anche una cosa nostra di famiglia; ossia la quotidiana cosa di nonna Pia che usa contro nonno Totò. Nel monologo presentato allo Spazio Diamante, scritto a sei mani da Tommaso D’Alia, Giovanna Malaponti e (per la parte musicale) Valerio Castriziani, il quadretto d’apertura siciliano è tipico di una realtà ancora opacizzata dai luoghi comuni: volutamente comuni e cantati in veloce e ossessivo scioglilingua tipico di alcune tarantelle settecentesche. I due individui, apparentemente loschi, sembrano due sicari della malavita, invece, sono due bravi picciotti incapaci di far del male a una mosca, ma capacissimi di osservare fatti e persone e di saper leggere chiaramente nel volume del contegno riservato della loro terra. A narrare li cunti è Tommaso, perché il maestro Castriziani è troppo impegnato a commentare con i suoni della sua chitarra (e non solo) le parole del compagno menestrello, ma anche un po’ cronista.

11 dicembre 2025

«Non ti pago» di Eduardo (regia, Luca De Filippo)

«Non ti pago»: Salvo Ficarra, Nicola Di Pinto e Carolina Rosi (© Salvatore Pastore)

Roma, Teatro Ambra Jovinelli
10 dicembre 2025

FICARRA È BRAVO, MA SEMBRA GIOCARE FUORI CASA

Il riallestimento di Non ti pago è un omaggio a Luca De Filippo, scomparso troppo presto dieci anni fa: fu la sua ultima regia e l’interpretazione con la quale si congedò dal palcoscenico. Carolina Rosi, sua moglie nella vita e compagna di scena in tanti spettacoli, trova il commovente coraggio di riaprire quel copione per celebrare «il rito della memoria» (direbbe Tabucchi), restituendo fedeltà alla messa in scena del 2015. Oggi il ruolo di Ferdinando Quagliuolo è affidato a Salvo Ficarra, per definizione attor comico in una parte che è anche comica, il quale nella parlata conserva tempi e cadenze della sua Palermo: certamente è un bene che dimostra immenso rispetto per la scrittura di Eduardo, tuttavia, tolto dalla custodia di Picone e lasciato in un’arena di soli napoletani, e soprattutto senza la supervisione di un attento accordatore, lo Stradivari non suona al meglio delle sue possibilità comiche, quelle a cui ci ha abituato.

08 dicembre 2025

Antonio Rezza: chi ne dice benissimo e chi ne dice malissimo


Roma, 7 dicembre 2025

CARMELO BENE: «È UN MIRACOLO DI PIAZZA»

Siccome non sono esente da imprudente masochismo, sento la necessità di dover approfondire il discorso su Antonio Rezza, non perché l’ultimo spettacolo visto al Vascello mi abbia particolarmente entusiasmato, ma per i numerosi messaggi che ho ricevuto, assai contrastanti tra loro, che mi hanno acceso una lampadina. Il commento personalissimo su Metadietro si può ridurre a «una performance divertente a tratti, ma un po’ slabbrata»: detto tra noi, dieci minuti in meno sarebbero stati salutari. Tuttavia ne scrivo ancora perché Rezza ha diviso, e non da ora, l’opinione pubblica in maniera netta, sia come autore che come attore: chi ne dice benissimo e chi ne dice malissimo, così da diventare un caso teatrale senza mezze misure. I molti pareri discordanti mi hanno chiarito una frase che avevo scritto senza badar troppo alla conseguenza dell’azione che mi accingevo a sottolineare: «… Rezza l’altra sera si divertiva – e faceva divertire – argomentando con la solita impertinenza le tragedie del nostro tempo».

07 dicembre 2025

«Le cose che restano», regia e ideazione di Alessandro Businaro

«Le cose che restano», di Alessandro Businaro

Roma, Teatro Basilica
6 dicembre 2025

CRONACA DI UNO SPETTATORE DISORIENTATO

Una voce fuori campo, cupa e stanca, lamenta le angosce dell’insonnia; maledice i pensieri notturni che sono i migliori alleati della veglia coatta, quella che anche al buio ti fa fissare il soffitto. Una luce elettrica si accende e si spegne a comando, mostrando una moka sul fornello, ma la sua intermittenza lascia presupporre che sia quella del comodino. È un inizio carico di tensioni immediatamente smorzate dalla disinvoltura di lei che introduce «il viaggio» che sta per cominciare: non proprio sotto i migliori auspici, a dir la verità. Sin da subito si avverte il peso dell’inquietudine. «Il viaggio» preannunciato si consuma in una casa, attorno al tavolo del tinello o della cucina: una volta le case avevano grandi spazi, oggi spesso cancellati, ma l’autore sembra rimproverare coloro che vanno alla ricerca di nuovi spazi: dice addirittura che anche il numero crescente delle amicizie è una forma di espansione incontrollata.

06 dicembre 2025

«L’oro della commedia» di e con Flavio Albanese

Roma, Teatro Tordinona
5 dicembre 2025

DA ARLECCHINO A TOTÒ, LE MASCHERE DELLA RISATA

«Stasera s’è goduto». È stato il primo pensiero, sciolto in parole, appena si sono riaccese le luci della platea del Tordinona, al termine di un lungo applauso per Flavio Albanese, in versione Maestro di Storia della comicità, impegnato in una «lezione spettacolo per un pubblico curioso, dalla commedia dell’arte ai cartoni animati». Il sottotitolo chiarisce perfettamente cos’è L’oro della commedia: due ore – poco meno – di approfondimenti storici sulla forma più salubre e meno rischiosa del benessere, la risata. Dalla commedia ai cartoni, dice il cartellone seguendo la cronologia dall’antico al moderno, e invece Albanese comincia dai tempi più recenti, mostrando la sequenza finale di West and Soda, film di animazione di Bruno Bozzetto e di Attilio Giovannini, che è del 1965. È l’unico momento in cui il professor Albanese spiega come in quella scena si sviluppa la tecnica per strappare una risata: i tempi, la tensione, il paradosso della situazione. Poi la lezione diventa un esercizio di spettacolo dove il maestro si esibisce in brani famosissimi che adotta come palestra per il buonumore, e per rispolverare gradevolissimi aneddoti e interessanti curiosità.

05 dicembre 2025

«Misura per misura» di Shakespeare (regia, G. Bisordi)

Roma, Teatro India
2 dicembre 2025

GOCCIA DOPO GOCCIA IL VASO DELLA CONFUSIONE TRABOCCA

Quando si ha la pretesa di voler migliorare il Bardo si rischia di combinar pasticci. Qualcuno, in soccorso dello spettacolo, tenterà una difesa: «Non si voleva migliorare, ma aggiornare». Peggio mi sento! Nel tentativo di attualizzare il testo, la regia s’è arenata nella polvere più stantia: quella che s’annida nella confusione. Malgrado qualche apparenza vetusta, Shakespeare resta nostro contemporaneo e comunque lo si usi ne esce sempre vincitore: per argomenti, per poesia e per linguaggio. Se lo si manomette in maniera imperfetta si rischia di rimanere schiacciati dal peso drammatico dei suoi protagonisti e tutto il soperchio della regia diventa vecchio e obsoleto. In Misura per misura si parla, prima ancora che di prostituzione, che di leggi troppo severe, che di minacce e di perdoni, si parla di debolezza umana: anche l’uomo più rigido e austero crolla di fronte alla tentazione della lussuria; solo chi ha fede resiste.

04 dicembre 2025

«Stare meglio» di Giacomo Ciarrapico (Festival Flautissimo)

«Stare meglio» di Giacomo Ciarrapico (Festival Flautissimo)

Roma, Teatro Torlonia
3 dicembre 2025

CARLO, ROVINATO DALLE LOTTE INTERNE

Stare meglio è un’espressione impersonale – non a caso nel titolo è usato il verbo all’infinito – che, se riferita agli individui, s’addice tanto a un singolo, quanto a una comunità illimitata che può comprendere gli abitanti di un paesino, di una metropoli o addirittura di una nazione. Senza voler sconfinare all’estero, che sarebbe troppo, Giacomo Ciarrapico, autore del racconto, immagina l’organizzazione della vita di un signor Carlo governata da un sistema interno al suo corpo predisposto sul genere repubblicano, cioè ben inquadrato in una Costituzione (che sono le regole di base del comportamento umano), in cui ogni decisione quotidiana viene gestita dal corrispondente ministero, sollevando poi inevitabili discussioni parlamentari tra maggioranza e opposizione fino ad arrivare alla crisi di governo, alla sfiducia e alle classiche elezioni. Così che per spingere il signor Carlo a leggere un libro o andare a teatro dovrebbe intervenire il ministero della cultura, per curare il fisico la Sanità, per i rapporti con il prossimo il dicastero degli esteri, per vincere la pigrizia e andare in palestra s’attiva il ministero dello sport, e per il controllo delle spese quello delle Finanze.

03 dicembre 2025

«Metadietro» di Flavia Mastrella e Antonio Rezza

Daniele Cavaioli e Antonio Rezza (© Flavia Mastrella)

Roma, Teatro Vascello
2 dicembre 2025

IMMIGRAZIONE: «BENEDETTO COLUI CHE VIENE, A PATTO CHE QUALCUNO SE NE VA»

In una pausa, tra la frenetica valanga di battute, allusioni, iperboli e assurdità, dalla platea qualcuno intona un «Bravo» con timbro tenorile, fermo e robusto. Antonio Rezza immediatamente ribatte con decisione: «Lo so», prima di raggiungere l’uscita in quinta, dove viene aiutato a indossare velocemente un’attrezzatura d’astronauta per la successiva piroetta comica. Eppure, non appagato, durante il travestimento, portando bene la voce, aggiunge: «Secondo te, aspettavo te stasera per scoprirlo!» Non c’è nulla di male che un artista sia cosciente della sua bravura: ci sono attori che hanno la necessità di sentirsi bravi per andare in scena con la giusta determinazione; altri che ne possono fare a meno; i più insicuri possono risultare i migliori e viceversa. Non ci sono regole, né, per fortuna, si pagano sovrattasse (per ora) sul talento e nemmeno sull’esibizione del talento, autentico o presunto che sia. Ma quell’ostentazione urlata da fuori palco, come a riempire un vuoto scenico, m’è parsa o finta o di cattivo gusto. O entrambe le cose.

01 dicembre 2025

«Mi manca Van Gogh», di e con Francesca Astrei

Roma, Teatro India
30 novembre 2025

«COME SARANNO QUEI CORVI?»

Lei fa la guida in un museo: ci mette passione, studio e tanta energia per tenere a bada un gruppo d’immaginari visitatori irrequieti, un po’ sfrontati, un po’ maleducati. Di fronte a un quadro di Van Gogh, anch’esso fantasioso, Francesca (ma il nome è quello dell’interprete) dichiara la sua predilezione per il pittore olandese, si percepisce una debolezza che le tocca l’animo, mentre le impertinenze dei turisti la distraggono, la offendono, le fanno male. Lei reagisce con ironia davanti al tizio che usa incautamente il cellulare durante la spiegazione storica e artistica di una tela, redarguisce la signora che sgranocchia patatine. E, da una dizione perfettamente italiana e professionale, scivola su accenti più dialettali per frenare gli eccessi caustici, per smorzare la rabbia con la simpatia, per cercare di entrare in confidenza con la truppa irrispettosa e recuperare la loro attenzione. Opta per la cadenza napoletana – anche se l’attrice è nata a Roma – ma preferisce la parlata periferica, quella vesuviana resa famosa dalle incertezze lessicali di Massimo Troisi. Sfrutta l’empatia del comico di «Ricomincio da tre», senza però calcare la mano, appena appena, giusto per aprire un varco comico, prima della virata.

29 novembre 2025

«Robe dell’altro mondo», di Gabriele Di Luca (regia, Di Luca/Setti)

«Robe dell’altro mondo» di De Luca/Setti (Carrozzeria Orfeo))

Roma, Spazio Diamante
29 novembre 2025

PIÙ CHE LA PAROLA POTÉ IL DISEGNO

Se davvero nell’universo ci fossero alieni capaci di spiarci, certamente, osservando il nostro folle modo di vivere e le nostre bizzarre abitudini, si guarderebbero bene dal venirci in aiuto. Resterebbero a debita distanza dalle stranezze comportamentali dei singoli, dalle ingiustizie determinate da chi ci governa mentre, invece, ci dovrebbe proteggere, dalle falsità divulgate dagli organi d’informazione. Robe dell’altro mondo sembra l’esclamazione di uno di loro dopo aver ascoltato quel che accade quotidianamente sul nostro pianeta: come quei due cerimoniosi vecchietti che uscendo dal supermercato si perdono in formali convenevoli prima di cominciare a darsele di santa ragione per un euro non restituito; come quell’omosessuale extracomunitario che ritrovandosi all’improvviso un neonato tra le mani desidera immediatamente essere mamma; come quel ministro senza scrupoli che incarica il suo portaborse di sbarazzarsi di coloro che creano problemi e di insabbiare le prove; e come quel notiziario che annuncia il rapimento del papa quando invece è a passeggio nel parco.

28 novembre 2025

«Matteotti», di Stefano Massini (regia, S. Mangini)

Roma, Teatro Vittoria
27 novembre 2025

L’AUTORE ILLUMINATO: «IL FASCISMO NASCE DAL DISORDINE»

Anche se con sei musicisti in scena, trattasi di monologo. L’attrice protagonista che è la voce narrante, la figura primaria e quasi certamente anche il perno centrale dell’operazione, porta un nome eccelso, di massimo rispetto. Ottavia Piccolo, oltre a essere una interprete straordinaria, è una donna di teatro con una lunga esperienza alle spalle, anche in campo cinematografico. E di monologhi se ne intende. E la sua recitazione è fuori discussione. Fino a ieri non conoscevo il maestro Enrico Fink che ha composto le affascinanti musiche che accompagnano le parole dell’attrice di Matteotti. Anatomia di un fascismo, in scena al Vittoria fino a domenica. Con strumenti anche insoliti, come l’hammer dulcimer, come l’ewi (che sta per electronic wind instrument), o come il lunghissimo clarinetto basso, si accende curiosità tra il pubblico e i suoni dolci creano misteriose atmosfere sahariane che ben si intonano al racconto, non sovrastandolo mai, ma rimanendo sempre presente come un morbido cuscino di seta sotto la voce narrante. La struttura sonora è ottima.

27 novembre 2025

«Antigone» di Jean Anouilh (regia, R. Latini)

Roma, Teatro Vascello
26 novembre 2025

CONCERTO DRAMMATICO PER VOCI SPARSE E DUETTO

Sarà per l’età che avanza, ma una delle più gustose soddisfazioni teatrali, dopo anni davvero magri, è vedere una platea gremita di gente: e non parlo del pubblico che affolla le prime rappresentazioni solitamente riservate agli invitati, ma di quei paganti che vogliono andare a teatro per interesse (o per piacere), e soprattutto dei giovani, come quelli che l’altra sera, a gruppi, hanno riempito la Sala Nanni del teatro Vascello fino all’ultima poltroncina, per assistere a un’opera tra le più misteriose e affascinanti del panorama del Novecento. Scritta nel 1941, in piena ascesa della dittatura nazista, da Jean Anouilh, che si proponeva di rielaborare la versione di Sofocle dell’antico mito, opponendo alle ragioni affettive della giovane ribelle, figlia di Edipo, quelle delle necessità sociali sostenute dal re Creonte, Antigone riuscì ad approdare in palcoscenico, per la prima volta, soltanto nel 1944, dopo una lunga disputa con la censura che obbligò l’autore ad aggirare alcuni insormontabili ostacoli. Da qui si spiega l’ambiguità della vicenda e la comprensibile reazione che all’epoca suscitò, inducendo molti spettatori a considerare il dramma come una sorta di propaganda a favore della dittatura, solo perché Creonte decreta l’ordine di uccidere la giovane e indomabile Antigone.

26 novembre 2025

«Sabato, domenica e lunedì», di Eduardo (regia, L. De Fusco)

Roma, Teatro Argentina
25 novembre 2025

CLAUDIO DI PALMA È UN IMMENSO PEPPINO PRIORE

All’ingresso del protagonista il suono di un violino preannuncia il dramma con molto anticipo, quando le nuvole sono ancora lontane dagli animi dei protagonisti, ma noi già le vediamo da qualche minuto, bianche e magrittiane, dipinte sulla cornice della bella scena ideata da Marta Crisolini Malatesta: un golfo casalingo formato da sette finestre che delimitano le onde del conflitto prima della burrasca. All’esterno una lunga balconata, territorio neutro, dove regna la pace e una costante apparente serenità. Sono i due mondi, le due attrattive della famiglia Priore, che Luca De Fusco mette a contrasto, con alcune sottolineature, in questa riuscita edizione di Sabato, domenica e lunedì: ossia, gruppo di famiglia in un interno. Dove, per interno, Eduardo De Filippo intende prima di tutto il focolare, l’archetipo dell’unione familiare. È, infatti, nel rituale del ragù, nel suo lento cuocersi e addensarsi, che va ricercata l’allegoria delle nuvole che, appunto, si addenseranno sulla tavola candidamente imbandita della domenica.

25 novembre 2025

Premio Gigi Proietti (Prima edizione)

Roma, Teatro Sala Umberto
24 novembre 2025

INSINNA: «ABBIAMO ABITATO IL TEMPO DI UN GENIO»

Un premio in onore di Gigi Proietti, il grande mattatore, il funambolo della risata arguta, della battuta irriverente, del sorriso bonario e impertinente, dell’espressione sorniona e beffarda, dell’attor comico elegante e cialtrone, del tragico appassionato e drammatico, dell’uomo di teatro – tra i più generosi e sinceri del Novecento – che poteva permettersi di riproporre in scena finanche il personaggio Gigi Proietti, perché sapeva recitare, (o meglio) rendere teatrale, il ruolo di se stesso. Ha detto bene Flavio Insinna, allievo del suo Laboratorio alla fine degli anni Ottanta: «Abbiamo abitato il tempo di un genio». Fortunato lui e tutti gli altri! Chi vive un periodo della sua vita accanto a un uomo così ne apprezza profondamente, non solo la parola, ma ogni suo gesto, ogni suo respiro, perché ogni espressione del genio diventa un insegnamento, spesso inconsapevole, ma fondamentale più della canonica lezione dottrinale.

22 novembre 2025

«Oltre le nuvole, il cielo», scritto e diretto da Gabriele Cicirello

«Oltre le nuvole, il cielo», scritto e diretto da Gabriele Cicirello

Roma, Spazio Diamante
19 novembre 2025


«PRIGIONIERI NELL’AEROPORTO DELL’ASSURDO»

Il lavoro di Gabriele Cicirello, presentato in embrione lo scorso maggio al Festival Indivenire, vede oggi luce piena perché vincitore del Premio del pubblico, cioè fu, tra i corti osservati, quello che riscosse il maggior numero di sbigliettamento; eppure Oltre le nuvole, il cielo fu segnalato al tavolo della giuria sia per l’ottima prova di Michele Ragno, sia per una fantasiosa e attenta ricerca delle soluzioni per la messa in scena. Con un palcoscenico vuoto e sei trolley, il regista riuscì a dare l’impronta efficace alla sua idea di autore, che all’epoca si doveva realizzare in appena venti minuti. Tuttavia, oggi, con un testo sviluppato e uno spettacolo completo, con gli stessi interpreti che hanno messo a fuoco ciascuno il suo personaggio, ancor più si avverte la ricerca meticolosa di una regia a danno di una scrittura che sembra dilatata e quindi indebolita.

19 novembre 2025

«Scavare – Escavar» di Letizia Russo (regia, S. Barbosa)

«Scavare – Escavar», di Letizia Russo. Regia di Regia di Sónia Barbosa.

Roma, Teatro Cometa Off
18 novembre 2025

OMBRE E VOCI DI UNA VITTIMA DEL BULLISMO

Di solito a Roma spettacoli in lingua straniera non se ne vedono molti; quando passano nei nostri teatri è perché dietro c’è una grossa organizzazione, un festival internazionale – come il RomaEuropa Festival, per nominare il più ricco e famoso – uno scambio culturale dovuto a un gemellaggio comunale da omaggiare. Sono eventi rari, anche a causa – diciamo la verità – della nostra pervicace idiosincrasia a praticare con scioltezza le lingue straniere. Sònia Barbosa, andando controcorrente, sfida questa monolitica diffidenza nazionale e propone al Cometa Off, con una produzione che non è certamente quella dei teatri maggiori, ma che comunque assicura la proiezione della traduzione simultanea, un testo scritto in origine nella nostra lingua da Letizia Russo che lei ha tradotto, ha diretto, e ha già rappresentato nel suo paese in versione bilingue: portoghese e italiano. Ecco spiegato il doppio titolo sul manifesto: Scavare – Escavar, che ovviamente per il debutto settembrino di Viseu (nell’entroterra di Oporto) e le repliche di Lisbona era stampato a parole invertite. In scena, insieme con Sònia, portoghese vissuta in Italia per sette anni, c’è Giada Prandi che ricopre il ruolo secondario, sì, ma fondamentale per la riuscita degli intenti: se infatti bisogna scavare, qui si scava nella memoria, e Giada rappresenta proprio la voce della memoria della protagonista.

17 novembre 2025

«Pinocchio.Zero» di Mandracchia/Cocifoglia

«Pinocchio.Zero» di Mandracchia/Cocifoglia/Zero

Roma, Spazio Nous
16 novembre 2025

RENATO, PADRE INCONSAPEVOLE DI UN «FIGLIO» BURATTINO

Il carrozzone muove dal foyer con un suono di ciaramelle e di tamburi, alla maniera degli zampognari, con le regine, i suoi fanti e i suoi re immaginari, per annunciare la storia che comincia con un insolito pezzo di legno. «C’era na vorta un bel pezzo de legno», sì, proprio in romanesco: un testo che Manuela Mandracchia e Fabio Cocifoglia hanno recuperato acquistando un libretto su una bancarella. Era la storia di Pinocchio riscritta nella lingua del Belli, ma seguendo gli endecasillabi dei sonetti in rima composti da Ivo Martellini. Da qui l’idea di farlo conoscere al pubblico, alternandolo, per semplificare appena, con alcuni brani in prosa, e un po’ di musica per accompagnamento. Ma non una musica qualsiasi composta per l’occasione! Chi è cresciuto con le canzoni dei nostri cantautori, le conosce praticamente a memoria e, o a Manuela o a Fabio, o a entrambi, è arrivata l’intuizione di accostare alla favola bella che tutti conosciamo qualche bella canzone di Renato Zero.

16 novembre 2025

«Il fu Mattia Pascal», da Pirandello (regia, M. T. Giordana)

«Il fu Mattia Pascal», da Pirandello (regia, M. T. Giordana)

Roma, Teatro Greco
15 novembre 2025

IL TESORO RACCHIUSO IN UN MANOSCRITTO DIMENTICATO

Chiunque abbia voglia di apprendere l’arte classica della locandina – come si impagina e come si posizionano in gran numero in un foyer e nelle vetrine in strada, affinché tutti vedano facilmente e comodamente – dovrebbe recarsi al Teatro Greco, dove si riconosce l’infallibile chiarezza della vecchia scuola: nome in ditta, titolo, autore, sottoditta, generici, poi l’elenco dei personaggi con gli interpreti accanto, addirittura sono indicati i doppi ruoli vicino al nome dell’artista, e anche il raro caso di due attori che seguono un solo personaggio (per evitare le antipatiche pecette nel caso di una imminente sostituzione), quindi immancabile il sigillo della regia, e infine la lista dei crediti di coloro che hanno collaborato alla realizzazione dello spettacolo, con la definizione della mansione comprensibile, nella lingua nostrana anziché in inglese che serve soltanto a mascherare inappropriate insoddisfazioni.

14 novembre 2025

«Circo Paradiso», di Agnese Fallongo (regia, Evangelisti/Latagliata)

Roma, Teatro Manzoni
13 novembre 2025

IL CIRCO, UN ANFITEATRO CON LE ALI COLMO DI STORIE, MUSICHE E SORRISI

Terminata la lunga esperienza dedicata alla «trilogia degli ultimi», l’ormai affiatato quartetto (composto da Caputo, Evangelisti, Fallongo e Latagliata), pur cambiando il genere teatrale e l’ambientazione dove si svolge la vicenda, resta saldamente agganciato al mondo degli umili e soprattutto all’epoca: a quel Novecento ricco di storia e di umanità, che ha fatto da cornice a due guerre mondiali. Nella scrittura della Fallongo questo sfondo storico diventa una prerogativa, anche se non se ne fa cenno esplicito. Così come acquista valore l’origine geografica dei personaggi che l’autrice crea pensando a un’Italia romantica capace di stare ancora dalla parte dei più deboli o dei più soli. Già nel titolo – Circo Paradiso – si intuisce una necessità di girovagare: «Come gli zingari?», dice lui; «No, che c’entrano gli zingari», risponde lei quasi offesa. Eppure l’ispirazione dell’autrice nasce dal continuo movimento delle genti, dal bisogno di soddisfare un istintivo impulso nomade. Il circo non mette mai radici. Il circo è un anfiteatro con le ali. E nel circo nascono storie che hanno affascinato, sin dalla fine dell’Ottocento, fior di artisti e registi.

13 novembre 2025

«Silvio», scritto e diretto da Giovanni Franci

«Silvio», scritto e diretto da Giovanni Franci

Roma, Off-Off Theatre
12 novembre 2025

LE TRISTEZZE DI BERLUSCONI E IL RISCATTO DI VERONICA

Ha ragione Giovanni Franci ad affermare che Berlusconi «è stato un personaggio straordinario, un precursore, un unicum, capace di restituire con precisione e irriverenza i costumi recenti di un intero Paese, estremamente fantasioso nei vizi privati, meno prodigo di pubbliche virtù. Insomma, se Shakespeare, Aristofane, Pirandello o Cechov lo avessero conosciuto, avrebbero sicuramente pensato di trasfigurarlo in teatro». Forse non lo avrebbero chiamato Silvio, preferendo un differente nomignolo per consegnarlo alla ribalta di un palcoscenico, ma ancora oggi, a circa due anni e mezzo dalla scomparsa, quel nome è legato in maniera indissolubile alla figura del Cavaliere e cambiarlo, certamente, non avrebbe destato la stessa curiosità. Berlusconi è questione sempre attuale e sempre annosa che ancora ferve, come è vivo il suo «regno»: quello economico che ha lasciato in eredità ai familiari e quello politico, rimasto indelebile sull’andamento della vita degli italiani.

12 novembre 2025

«Sogno di una notte di mezza estate», di W. Shakespeare (regia, D. Salvo)

Roma, Teatro Quirino
11 novembre 2025

IL SOGNO DI PUCK È BROADWAY

Essere bravi in teatro è caratteristica determinante per innalzare la qualità di uno spettacolo. Essere bravi non significa soltanto interpretare al meglio delle proprie possibilità un personaggio, ma soprattutto restituirlo in maniera convincente, affinché lo spettatore, all’interno dell’illusione teatrale, sia persuaso dalla verosimiglianza di quel che sta vedendo, proprio come se sognasse. Per essere bravi non è indispensabile riuscire a sbalordire gli spettatori – certo, se ci si riesce, si raggiunge un obbiettivo che regala soddisfazioni – ma occorre piuttosto saper trascinare il pubblico in un gioco artisticamente malizioso e delicato: per questo la bravura non è sempre sinonimo di optimum, di tensione stellare, di vette emotive sempre altissime. Melania Giglio e Daniele Salvo, coppia che già in passato ha presentato spettacoli apprezzabili, sono indubbiamente dotati di bravura e di originalità, lei come attrice e lui come regista. Le doti vocali della Giglio sono ormai risapute: possono competere con quelle delle star del musical internazionale. La fantasia di Salvo, no, un po’ meno, ma le sue capacità di metteur en scene non si discutono. Tuttavia entrambi dovrebbero completare il loro ciclo di bravura con un buon rimessaggio di misura ed equilibrio.

10 novembre 2025

«Club 27», di Elisa Di Eusanio

«Club 27», di Elisa Di Eusanio

Roma, Teatro Belli
9 novembre 2025

ASCESA E CADUTA DELLE STAR DEL ROCK

Morire a 27 anni, ricchi e famosi, è il filo diabolico che lega alcune rockstar della storia della musica moderna. Sul palcoscenico del Teatro Belli, fino al 30 novembre, Elisa Di Eusanio offre un drammatico, ma entusiasmante e coinvolgente, squarcio di una gioventù maudite del secolo scorso, quella che ha tentato attraverso il rock di riabilitare ciascuno il proprio animo ferito dall’incompiutezza della vita che una impalpabile percezione ha reso insostenibile. Di loro si è parlato di vita breve ma intensa, segnata dal successo e dal clamore delle folle; si è parlato di genio e sregolatezza, di improvvise ricchezze dilapidate nel peggiore dei modi tra alcol e droghe. Il motto che per anni più s’addiceva a costoro – sesso, droga e rock ‘n’ roll – suonava come una triplice condanna da parte di chi ha fatto del giudizio personale l’arma invisibile per mortificare e per sfregiare i più fragili. Di costoro, «poeti maledetti» del suono irriverente, vittime della propria sensibilità, s’è scritto e detto tanto, ma un percorso così denso e intimo di musica e paura, di ascesa e caduta delle star del rock, in Italia, non s’era mai visto.

09 novembre 2025

«Naked», regia di Giorgia Giuntoli

«Naked», regia di Giorgia Giuntoli

Roma, Teatro Sophia
8 novembre 2025

L’IMPROVVISAZIONE COME ATTO DI RESISTENZA

Sollecitato dal suggerimento di un conoscente, mi precipito al TeatroSophia per ammirare la performance di Patrizio Cossa e Fabrizio Lo Bello. Il titolo è Naked, che significa indifferentemente nudo o nuda, oppure, anche al plurale, nudi o nude, e in questo frangente si accosta al sostantivo sottinteso che è l’attore, al di là del genere. Che sia esso maschile o femminile, infatti, poco conta, l’importante è che sia un mestierante spogliato di ogni convenzione: scena, costumi, trucco, arredamento, finanche la più semplice attrezzeria. Di tutto si può fare a meno, fuorché della parola. Parola come arma personale per la difesa della recitazione: l’unica possibilità che l’attore ha per sopravvivere della sua arte e per far sopravvivere la sua arte. Il tema della prova è essenzialmente questo: resistere di fronte al continuo impoverimento del nostro teatro. Quante compagnie sono già costrette a dover fare a meno delle scene, dei costumi, dell’arredamento; troppo poche però rinunciano ai microfoni! Invece, con maggior coerenza, Patrizio e Fabrizio, usano soltanto due sedie e pochi proiettori, che servono a illuminare lo spazio scenico più che a creare atmosfere con particolari effetti.

07 novembre 2025

«Abili in amore», di Rosati/Granito (regia, Ferrini/Gasbarri)

«Abili in amore», di Rosati/Granito (regia, Ferrini/Gasbarri)

Roma, Teatro de’ Servi
6 novembre 2025

AL DE’ SERVI VA IN SCENA LA SENSIBILITÀ

Lo spettacolo è stato prodotto in collaborazione, oltre alle egide citate tra i crediti, con AccordiAbili Aps. Ets. e Associazione Love Giver. Entrambe sono organizzazioni che si occupano di assistenza alla sessualità alle persone con disabilità. Solo conoscendo questo particolare si può comprendere meglio il titolo della commedia, Abili in amore, scritta con grande sensibilità e competenza in materia da Vita Rosati e Gabriele Granito. Un problema assai delicato che difficilmente, ancora oggi, trova la disponibilità delle autorità di governo per intervenire con aiuti concreti: l’Italia sull’argomento è in grave ritardo rispetto ad altri paesi della Comunità. Ma essere in ritardo non significa essere totalmente privi di coscienza: anche il Ministero della Cultura è intervenuto con un contributo: per lo spettacolo, non certo per risolvere il problema! Sul sito di una delle associazioni si racconta la storia della passione di Vincenzo Deluci, trombettista jazz con esperienze internazionali, divenuto tetraplegico in seguito a un incidente automobilistico e qui autore delle musiche: Vincenzo non era più in grado di suonare la sua tromba. «Ci sono sogni che vibrano forte – si legge – oltre ogni ostacolo. Come quello di poter suonare uno strumento musicale, anche se il corpo ha funzioni compromesse da una disabilità o una patologia.» Oggi Vincenzo, grazie al sostegno dei suoi amici dell’associazione, ha ripreso la tromba ed è tornato a sorridere.

06 novembre 2025

«Rosencrantz e Guildenstern sono morti», di Tom Stoppard (regia, A. Rizzi)

«Rosencrantz e Guildenstern sono morti», di Tom Stoppard (regia, A. Rizzi)

Roma, Teatro Ambra Jovinelli
5 novembre 2025

IL MALINTESO DELLA FARSA SULL’ESISTENZA UMANA

Al finale, più che perplessi, si resta storditi. Mentre il cuore della platea applaude i propri beniamini al loro debutto romano, qualcuno nelle retrovie si guarda attonito e la domanda, nello sguardo di quei pochi, è facile da intuire: che cosa abbiamo visto? Immediatamente, trasportati dal fragore delle mani che ancora plaudono gli artefici, il pensiero va a loro che dal proscenio ringraziano. Indubbiamente bravi tutti: Paolo Sassanelli una spanna sugli altri, ma anche il giovane Pannofino (Andrea Pannofino) se l’è cavata egregiamente, come pure Chiara Mascalzoni; soprattutto la scena di Luigi Ferrigno, semplice, rustica, agevole e multiforme, ha lasciato un’ottima impressione, trovando ispirazione nell’adattabilità dell’antico carro di Tespi. Ma la domanda che ci assilla resta ancora senza risposta: che cosa abbiamo visto?

05 novembre 2025

«Elena la matta», di E. Fiorito (regia, G. Nicoletti)

«Elena la matta», di E. Fiorito (regia, G. Nicoletti)

Roma, Teatro Sala Umberto
4 novembre 2025

«MI DOVETE CREDERE: SCAPPATE, SCAPPATE!»

Andate! Andate a vedere Paola Minaccioni che interpreta Elena Di Porto, detta Elena la matta. Andate per ascoltare finalmente un monologo che ha la ragione d’essere monologo. Andate per vedere Paola, «la furia del palcoscenico». Correte per assistere soprattutto alla cavalcata della memoria. Pardon, Memoria, con la maiuscola: perché di questi tempi s’è persa l’educazione civile di quella Memoria che per anni abbiamo ricordato – senza essere troppo convinti, ahimè – per commemorare le sciagure del ’43 e del ‘44. Oggi, novembre 2025, dopo mesi di violenti schieramenti e dannose zuffe, il monologo di Paola/Elena acquista una forza politica inimmaginabile ancor più che storica. Un monologo, scritto da Elisabetta Fiorito, e liberamente ispirato al libro di Gaetano Petraglia, «La matta di piazza Giudìa», edito da Giuntina; un monologo, dicevo, che è una voce forte, unica, «autentica», che s’impone sulla nostra confusione a ricordare il dramma del 16 ottobre 1943, quando squadroni di SS rastrellarono il ghetto di Roma, deportando ad Auschwitz più di un migliaio di ebrei romani, che nella disperazione credevano, illusi, nella protezione di un papa che non disse una parola, anzi rimase zitto, in silenzio, a contare soltanto le sue pecorelle col crocifisso. Come se gli altri, i giudei, fossero figli di un Dio minore.

03 novembre 2025

«La matematica dell’amore», di A. Bennicelli (regia, E. M. Lamanna)

«La matematica dell’amore», di A. Bennicelli (regia, E. M. Lamanna)

Roma, Teatro Golden
2 novembre 2025

TRA TOM E GERRY I NUMERI NON SERVONO

Al termine dello spettacolo, Michele La Ginestra ha preso la parola per intrattenere, ancora un po’, il pubblico in sala. Oggi è diventata un’abitudine interrompere gli applausi per prolungare amichevolmente il rapporto con gli spettatori con pretesti non sempre attinenti al teatro. Invece, stavolta la questione centrale era più che pertinente: nonostante fosse appena conclusa l’ultima replica romana, l’attore ha sentito la necessità di spiegare che, quando all’inizio si invita «il gentile pubblico a spegnere i cellulari», questi dovrebbero essere davvero spenti perché son fastidiosi. Ha ragione, La Ginestra: tra vibrazioni, squilli e schermi improvvisamente luminosi, lui stesso è stato disturbato un paio di volte perdendo la concentrazione. Ma quel che notavo, mentre continuavo a osservare i suoi modi divertenti, i suoi toni simpatici, e le reazioni ridanciane in sala, è che tra l’attore di quell’istante che impartiva una garbata ramanzina agli spettatori e il personaggio a cui egli aveva dato voce fino a un attimo prima non c’era alcuna differenza. E la critica dello spettacolo è imperniata proprio su questo: se tra Geraldina (il personaggio femminile, detta Gerry) ed Edy Angelillo (che lo interpreta) si notano delle differenze di atteggiamenti, di parlata – i tempi recitativi – di timidezza, perché tra Tommaso e La Ginestra resta tutto identico? C’è qualcosa che non va!

02 novembre 2025

«Quanno fernesce ‘a guerra», di Rita Bosso (regia, M. Pizziconi)

«Quanno fernesce ‘a guerra», di Rita Bosso

Roma, Teatro Cometa Off
1° novembre 2025

«COME IL VENTO DEL MARE, VIENE PER FARTI SOGNARE»

Dopo lo spettacolo raggiungo un amico al ristorante.
- Pure oggi sei andato a teatro? Ma come fai?
- Mi diverto troppo.
- Tu lo sai che si può anche non andare a teatro?
- Sì, certo, ma è una possibilità che offre poche alternative.
- E riesci a divertirti anche se vedi un lavoro fatto male?
- Cambia il tipo di piacere, ma a lungo andare scopri che ci può essere un divertimento anche nella noia. Tuttavia ne devi essere consapevole. E devi soprattutto scindere la noia del testo che si riflette in platea, dalla noia in palcoscenico che invece, osservata dalla platea, diventa puro divertimento.
- Solo per te. Mica per tutti!
- Tranquillo! Siamo in due a Roma a divertirci con questo raffinato genere masochistico.
- Che sei andato a vedere stasera?
- Un lavoro che sulla carta mi aveva molto incuriosito. S’intitola: Quanno fernesce ‘a guerra.

01 novembre 2025

«Macbeth», di Shakespeare (regia, D. Pecci)

«Macbeth», di Shakespeare (regia, D. Pecci)

Roma, Teatro Greco
31 ottobre 2025

L’INTERPRETE SCHIACCIATO DALLA MOLE DEL GENERALE

Troppo impegnato a raccontarci la vicenda spicciola di Macbeth, Daniele Pecci perde il controllo sui sentimenti dei personaggi che danno vita a quella che è la tragedia moralmente più intensa della produzione di Shakespeare. Costruita su uno schema storico piuttosto semplice, tanto da non riuscire a scardinare le regole del teatro medievale, la difficoltà del testo è quella di saper equilibrare le doppie intenzioni dell’autore, il quale da una parte si pone l’obiettivo di condannare la cupidigia di potere degli uomini e dall’altra di alternare a fatti puramente crudeli, con raffinata abilità poetica, il mondo del sovrannaturale: il bosco, le streghe, lo spettro. Il regista, che pure si pone queste domande e cerca soluzioni sceniche, però, al dunque, si accontenta di affrontare le complessità semplificando fino a rendere ovvia la visione trascendentale.

29 ottobre 2025

«Re Chicchinella» di Emma Dante (da G. B. Basile)

© Masiar Pasquali

Roma, Teatro Argentina
28 ottobre 2025

LA DANZA DELL’IRONIA INTORNO ALLE DOGLIE DI CARLO III

Nella prefazione al Pentamerone (ed. 1925), Benedetto Croce scrive: «L’Italia possiede nel Cunto de li cunti del Basile il più antico, il più ricco e il più artistico fra tutti i libri di fiabe popolari. … Eppure l’Italia è come se non possedesse quel libro, perché scritto in un antico e non facile dialetto.» Ed è vero, la raccolta secentesca delle fiabe di Giambattista Basile, fino all’inizio del XX secolo, è stata presa in considerazione soltanto all’estero, dove i lettori potevano godere delle traduzioni eseguite nella loro lingua: i fratelli Grimm ne beneficiarono non poco. Soltanto da qualche decennio circolano anche da noi traduzioni in un napoletano più comprensibile e facile da leggere. Cosicché, dopo la memorabile rappresentazione de La gatta Cenerentola di De Simone (1976), le storie del Pentamerone, che nelle intenzioni dell’autore voleva emulare, in nuce, l’esperienza letteraria del Boccaccio, hanno cominciato a circolare più agevolmente, tanto da indurre registi di cinema e di teatro ad abbeverarsi a questa copiosa fonte.

27 ottobre 2025

«Idillio. Leopardi e la luna», di Luigi Moretti

«Idillio. Leopardi e la luna», di Luigi Moretti

Roma, Teatro Tordinona
26 ottobre 2025

NEL «CANTO DEL PASTORE ERRANTE», TUTTA LA RABBIA DEL POETA

«Cara Luna, io so che tu puoi parlare e rispondere…» Si tratta dell’incipit del Dialogo della Terra e della Luna che fa parte delle Operette morali, e sul quale si avvolge l’Idillio ideato da Luigi Moretti: un intrattenimento in versi e prosa sulla poetica lunare di Giacomo Leopardi; un’analisi appassionata sul profondo rapporto di studio e amore, di mistero e devozione tra Leopardi e la luna; ma soprattutto, un intimo dialogo costruito con le parole del poeta recanatese, e con quel suo «potere di comunicare – attraverso l’immaginifica luna, scrive Calvino – una sensazione di levità, di sospensione, di silenzioso e calmo incantesimo».

26 ottobre 2025

«Eigengrau», di Penelope Skinner (regia, F. Le Pera)

«Eigengrau», di Penelope Skinner, regia di F. Le Pera

Roma, Teatro Belli
25 ottobre 2025

QUEL GRIGIORE CHE SI ADAGIA SULLA FIDUCIA DELLA GIOVENTÙ

Eigengrau è il colore delle nuove generazioni, che meglio s’intona al loro modo di esprimersi, di divertirsi, di colorare le loro emozioni. In tedesco significa «grigio proprio», ed è una tonalità appena più chiara dell’oscurità, quella nella quale vivono tanti ragazzi. Penelope Skinner (mi è già capitato di vedere l’allestimento di qualche suo lavoro) è autrice inglese molto attenta ai giovani: non ha ancora 50 anni, ma osserva con occhio scrupoloso l’esistenza e il modus vivendi di chi è cresciuto dopo di lei. In «Eigengrau» presenta quattro personaggi: Mark, Chessie, Rose e Tom, due uomini e due donne. Ognuno rappresenta un differente carattere, ognuno si porta dentro qualche silenzioso trauma infantile, ognuno espone timidamente le proprie paure. Il risultato è che, quando si trovano uno di fronte all’altro, ciascuno pensa alla propria difesa, ma nessuno sa come condurre il gioco. E quando accade che bisogna sferrare un attacco per cominciare una relazione, amichevole o amorosa, non esiste altra possibilità che il disastro.

25 ottobre 2025

«Frankenstein_dipstych», by Motus

Roma, Teatro Vascello
24 ottobre 2025

«CHE TERRIBILE NOTTE!»

Nelle esili cantinelle, il mondo artigianale del teatro

Rubo direttamente a Frankenstein la battuta per titolare questa esperienza vissuta al Vascello che ho raggiunto per assistere al dittico dedicato al mostro ideato da Mary Shelley e messo in scena, per Romaeuropa Festival, dalla compagnia Motus di Daniela Nicolò & Enrico Casagrande. In Frankenstein_dipstych si riflettono l’uno nell’altro due spettacoli: alla storia d’amore (love story), tra la scrittrice e la sua creatura, s’oppone il capitolo dell’odio (history of hate) perché l’orrore alimenta l’odio; e quando il mostro scopre l’orrore su se stesso tutto e tutti diventano bersagli di odio. Parola oggi abusata come sinonimo bellico che sta per distruzione, mentre invece letterariamente l’odio sarebbe la non creazione, ossia il contrario dell’opera di uno scrittore. E questo vuol essere il senso del dittico: l’opera dello scrittore è creazione, quindi amore; e la creatura nata dalla penna d’amore non morirà mai. Ma ogni creatura, pur se nasce innocente, viene messa alla prova dal mondo malvagio e così il bene dell’infanzia e il calore degli affetti si trasformano in odio.

24 ottobre 2025

«Anno Omega», di Maria Letizia Avato (regia, M. Belocchi)

«Anno Omega», di Maria Letizia Avato

Roma, Teatro di Documenti
23 ottobre 2025

FELICE DI POTER DIRE LA VERITÀ A DIO

Marco Belocchi sceglie la sala del teatro dei Documenti per rappresentare i due brevi atti unici di Maria Letizia Avato, entrambi tratti da racconti della stessa autrice, e legati a un unico tema, indicato nel sottotitolo: Quando tutto ebbe inizio. Il tutto si riferisce alla vita, prendendo spunto dalla creazione di Dio, e cercando di tornare alle origini di un Amore puro, «necessario come il pane» (dice il poeta), e protetto dalla benedizione della Poesia. Ma siccome dalla settimana dedicata alla Genesi, secondo la tradizione biblica, ogni cosa è già avvenuta, prima di tornare al punto di partenza, occorre chiudere questo ciclo vitale che ci compete, perché evidentemente è sfuggito dalle mani del Creatore e il male regna ormai ovunque: così Anno Omega segna il momento della fine. Dio, nel libro dell’Apocalisse, si definisce l’alfa e l’omega, prima e ultima lettera dell’alfabeto greco, ossia il principio e la fine.

23 ottobre 2025

«L’importanza di chiamarsi Ernesto», di Oscar Wilde (regia, G. Gleijeses)

«L’importanza di chiamarsi Ernesto», di Oscar Wilde (regia, G. Gleijeses)

Roma, Teatro Sala Umberto
22 ottobre 2025

«TUTTO FUMO E NIENTE ARROSTO», DISSE G. B. SHAW

Geppy Gleijeses ricorda nelle note di regia che L’importanza di chiamarsi Ernesto è stata definita da critici autorevoli «la commedia perfetta». Giusto rammentarlo, perché The importance of being earnest è opera talmente perfetta che sarebbe prudente non rappresentarla. Fa parte di quel gruppo di commedie intoccabili, che per loro naturale immobilità letteraria e intellettuale rischiano di muffire nella soffitta di un museo. Allora ha fatto bene Gleijeses a riprenderla con l’intenzione di scuoterla con nuova vitalità e restituirle il movimento frizzante del palcoscenico. In verità, già venticinque anni fa egli stesso interpretò il ruolo di John Worthing, sotto la direzione di Mario Missiroli e sempre con Lucia Poli nelle vesti di Lady Bracknell. Era il 2000, periodo complicato per il sottoscritto poter andare a teatro, pertanto non riuscii a vedere quell’edizione.

22 ottobre 2025

«Le cose che t’ho imparato», di Carlo Picchiotti (regia, S. Prestinari)

«Le cose che t’ho imparato», di Carlo Picchiotti (regia, S. Prestinari)

Roma, Teatro Cometa Off
21 ottobre 2025

IL REALISMO CRUDELE DI UNA GRICIA DIETRO LE SBARRE

Oltre alla regia, Siddharta Prestinari firma anche l’adattamento di un testo che sembra essere stato scritto appositamente per le caratteristiche d’attore (e le abitudini culinarie) di Stefano Ambrogi: quindi non ci è dato sapere quanto il vestito cucito su misura sia quello originario di Carlo Picchiotti o se, appunto, l’abito è stato adattato per l’occasione. Il risultato comunque è che taglio e stile trovano sull’interpretazione di Ambrogi la quasi perfetta rifinitura (e sul quasi esporrò in seguito). Ineccepibile conflittualità, invece, si legge dalla rivalità dei due personaggi che danno vita a Le cose che t’ho imparato, una storia dall’aria trucida che si svolge nei pochi metri quadrati della cella di un penitenziario di massima sicurezza. All’anziano ergastolano burbero e prepotente, ma con un bagaglio pieno di avversità vissute, si contrappone la sprovveduta inesperienza del giovane archeologo, interpretato da Ermenegildo Marciante, finito in cella in attesa di giudizio.

18 ottobre 2025

«Con l’acqua alla gola», di F. Benedetto (regia, G. Eleonori)

«Con l’acqua alla gola», di F. Benedetto (regia, G. Eleonori)

Roma, Teatro Trastevere
17 ottobre 2025

E NON ERA NEMMENO YOGURT!

A volte succede che le poche note che si leggono sui comunicati – quelle solitamente scritte dalla compagnia – e che si piccano di accendere un bagliore di curiosità nello spettatore, spieghino perfettamente quel che accade sulla scena. Con l’acqua alla gola è così presentato: «Un appartamento invaso da scatole di yogurt scaduti e illuminato solo dal bagliore di un frigorifero: è qui che prende vita una commedia nera e surreale, in cui i confini tra ironia e disperazione si sfumano fino ad annegare su sé stessi. Sul palco, i giovani attori, forti di un affiatamento travolgente, trascinano lo spettatore in un viaggio che alterna ironia feroce e visioni apocalittiche, fino a un epilogo in cui il quotidiano si trasforma in rivelazione.» Dunque, che cosa accade in questo appartamento invaso da contenitori di yogurt? Sinceramente il suggerimento – l’aiutino, direbbe qualcuno – che gli artefici ci offrono, non chiarisce molto. Oltre al titolo, il giovane autore Francesco Benedetto avverte la necessità di aggiungere un sottotitolo, Sulla punta della lingua: evidentemente anche a lui è sorto qualche dubbio sulla comprensione della presentazione del suo progetto.

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