16 marzo 2025

«Giulio Cesare» di William Shakespeare

Roma, Area archeologica di
largo di Torre Argentina
15 marzo 2025, Idi di marzo

UN’ALTRA OCCASIONE PERSA, MA POLITICAMENTE SFRUTTATA!

Disorganizzazione, distanza eccessiva e caos cittadino hanno affossato un’iniziativa in teoria fantastica. Cari attori, non è colpa vostra

Facendo la più semplice delle ricerche su Google, incrociando cioè i nomi di Giulio Cesare, Argentina e Faiella (l’attore protagonista), si ha la giusta impressione di come l’evento sia stato promosso: sono migliaia i siti internet che riportano la notizia. Con quanto impegno, evidentemente, qualcuno s’è dato da fare per conquistare le pagine web e dei quotidiani affinché il mondo sapesse che a Roma i festeggiamenti delle Idi di marzo quest’anno prevedessero un’occasione unica e imperdibile; «senza precedenti» è stato scritto. Per la prima volta, infatti, nell’Area sacra di largo di Torre Argentina, proprio davanti al teatro di prosa più importante della Capitale, è andato in scena il Giulio Cesare di William Shakespeare. È storicamente tramandato che nel 44 a.C. il console più amato dell’antica Roma fu assassinato, proprio in questi giorni, nei pressi di quel tempio della Fortuna del dì presente che si erge al centro dell’area in forma circolare. Studi più approfonditi stabilirono che Cesare fu accoltellato alle spalle di quel tempio, sotto la Curia di Pompeo, dove spesso si riunivano i senatori.

Rievocare, quindi, con la tragedia shakespeariana, il ferale assassinio, nel giorno che coincide con il periodo delle Idi e nel luogo dove avvenne il delitto, era occasione da sfruttare al massimo per far sentire la voce ufficiale, fervente, della cultura capitolina che si dà da fare per tirar su le sorti di questa crassa metropoli decadente. E l’onorevole Mollicone ha benedetto, pur se con disordinata consecutio, la manifestazione storica, «voluta, presieduta, celebrata», snocciolando insomma tutte quelle strampalate parole che a nulla servono e che abbondano, come il sorriso, sulla bocca dei politici.

Cos’è che, però, spinge il cronista a scrivere questo lungo prologo senza ancora arrivare al fatto? Semplicissimo: perché una vera rappresentazione, in effetti, è mancata. E non per colpa degli attori o del regista. Il Giulio Cesare è stato annunciato, pubblicizzato, enfatizzato, soprattutto u-sa-to per scopi che poco hanno a che fare con l’arte teatrale, ma poi è stato abbandonato a se stesso: non più sostenuto, ma mortificato dagli stessi organizzatori. S’è visto chiaramente che quel che cercavano di imbastire i poveri attori non poteva essere iniziativa di chi conosce le fondamentali regole teatrali, ma era piuttosto un’improvvisazione basata sulla buona volontà di pochi.

I comunicati informavano che «il pubblico potrà assistere non a una semplice rappresentazione, ma a un’esperienza immersiva che riporta in vita un momento cruciale della Storia». Ma dove? Ma quando? Altro che «immersiva»! Il pubblico era tenuto ben distante dal luogo della «immersione». Eppure, la promozione era stata divulgata con la dicitura «ingresso gratuito». Ma a quale ingresso si allude, se nessuno è stato fatto scendere nell’area storica; tutti sono rimasti attaccati alla ringhiera esterna che delimita il perimetro degli scavi. Tra costoro, i più fortunati hanno potuto beneficiare di una posizione frontale rispetto allo spazio scenico, ma la maggior parte s’è dovuta accontentare di vedere gli attori dai lati (se non addirittura da dietro) a una distanza di circa sessanta metri dal luogo deputato. Questo significa mantenere la cultura lontana dai cittadini, perché i nostri burocrati, onorevoli o assessori che siano, non sanno cosa sia la cultura. E prova ne è che gli spettatori che hanno sfidato una temperatura piuttosto rigida, erano immersi nella caotica e consueta vita cittadina: sirene, ambulanze, clacson, motori, autobus, tram, auto, pazzi che urlano, fischietti di vigili, cani che abbiano e tutto quel circo metropolitano che la cultura non prevede. Ecco cos’è stato il Giulio Cesare per chi è accorso a largo di Torre Argentina, richiamato dalla promozione di un evento a distanza.

Alcuni privilegiati, tuttavia, hanno goduto di un accesso straordinario alla zona templare, assistendo alla recita sotto il perpetuo ronzio dei droni che dovevano filmare per soddisfare l’orgoglio degli organizzatori, i quali da domani potranno mostrare al mondo intero le immagini del loro successo politico. Una cinquantina di raccomandati, non di più, avevano il posto a sedere a pochi metri dal tempio illuminato, il cui sfondo è rappresentato da sei magnifiche colonne spezzate che delimitano un terrapieno che degrada in avanti con alti scalini. E proprio da quella posizione ravvicinata s’è potuto osservare meglio quante poche possibilità hanno avuto gli attori, costretti a entrare e a uscire di scena sempre dalla parte anteriore – teatralmente come se fosse il proscenio – e mai s’è concesso loro l’opportunità di un passaggio laterale. Benedetti signori che vi pavoneggiate con l’organizzazione di manifestazioni «senza precedenti», non potete soltanto annunciare eventi grandiosi se poi non riuscite a ottenere i permessi che occorrono dai Beni culturali (o chi per essi) per svincolare l’istallazione temporanea di una pedana o di una scaletta che possa agevolare uno spettacolo teatrale. Se siete impossibilitati di portare a termine l’organizzazione, lasciate perdere, non vi esponete e soprattutto abbiate rispetto per chi crede ancora nel mestiere del commediante.

Invece no. La rappresentazione s’è fatta, ma teatralmente è mancata. Gli attori sono andati in scena. Bruto e Cassio hanno ordito la congiura. Giulio Cesare è stato assassinato. Marco Antonio ha declamato il suo discorso, proclamando «Bruto un uomo d’onore» e la politica va avanti dritta per la sua strada, senza mai interessarsi alle esigenze dei cittadini che hanno preferito lo spettacolo di largo Argentina al raduno di piazza del Popolo. Com’era affascinante Cassio mentre parlava del Senato con le luci blu dell’ambulanza che gli roteavano sulla testa! Com’era struggente Porzia mentre dichiarava la sua posizione di moglie con il rinforzo delle sirene! Il bardo, che da secoli ormai è nostro contemporaneo prediletto, scrive: «Roma, hai perso la razza dal nobile sangue», ma Shakespeare, lui sì, era un uomo d’onore. (fn)
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Giulio Cesare, di William Shakespeare, traduzione e adattamento di Daniele Salvo. Con Pietro Faiella (Giulio Cesare), Lorenzo Parrotto (Bruto), Yuri Napoli (Marco Antonio), Beatrice Rincicotti (Porzia), Nika Perrone (Calpurnia), Stefano Antonucci, Stefano Mondini, Gigi Mezzanotte, Samy Bruschetti, Matteo Caranfa, Leonardo Cesaroni, Giacomo Doni, Michele Fiore, Vincenzo Iantorno, Andrea Lami, Riccardo Parravicini, Francesco Perinelli, Davide Rossetti, Francesco Valeri. Coreografie Paolo Cives. Luci, Pietro Sperduti. Costumi e scene, Primordium & Marina Mango. Regia di Yuri Napoli. Nell’area archeologica di largo di Torre Argentina, durante le Idi di marzo

Foto: Il «Giulio Cesare» con la regia di Yuri Napoli (© Nicolini)

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