UN’ALTRA OCCASIONE PERSA, MA POLITICAMENTE SFRUTTATA!
Disorganizzazione, distanza eccessiva e caos cittadino hanno affossato un’iniziativa in teoria fantastica. Cari attori, non è colpa vostra
Facendo la più semplice delle ricerche su Google, incrociando cioè i nomi di Giulio Cesare, Argentina e Faiella (l’attore protagonista), si ha la giusta impressione di come l’evento sia stato promosso: sono migliaia i siti internet che riportano la notizia. Con quanto impegno, evidentemente, qualcuno s’è dato da fare per conquistare le pagine web e dei quotidiani affinché il mondo sapesse che a Roma i festeggiamenti delle Idi di marzo quest’anno prevedessero un’occasione unica e imperdibile; «senza precedenti» è stato scritto. Per la prima volta, infatti, nell’Area sacra di largo di Torre Argentina, proprio davanti al teatro di prosa più importante della Capitale, è andato in scena il Giulio Cesare di William Shakespeare. È storicamente tramandato che nel 44 a.C. il console più amato dell’antica Roma fu assassinato, proprio in questi giorni, nei pressi di quel tempio della Fortuna del dì presente che si erge al centro dell’area in forma circolare. Studi più approfonditi stabilirono che Cesare fu accoltellato alle spalle di quel tempio, sotto la Curia di Pompeo, dove spesso si riunivano i senatori.
Rievocare, quindi, con la tragedia shakespeariana, il ferale assassinio, nel giorno che coincide con il periodo delle Idi e nel luogo dove avvenne il delitto, era occasione da sfruttare al massimo per far sentire la voce ufficiale, fervente, della cultura capitolina che si dà da fare per tirar su le sorti di questa crassa metropoli decadente. E l’onorevole Mollicone ha benedetto, pur se con disordinata consecutio, la manifestazione storica, «voluta, presieduta, celebrata», snocciolando insomma tutte quelle strampalate parole che a nulla servono e che abbondano, come il sorriso, sulla bocca dei politici.
Cos’è che, però, spinge il cronista a scrivere questo lungo prologo senza ancora arrivare al fatto? Semplicissimo: perché una vera rappresentazione, in effetti, è mancata. E non per colpa degli attori o del regista. Il Giulio Cesare è stato annunciato, pubblicizzato, enfatizzato, soprattutto u-sa-to per scopi che poco hanno a che fare con l’arte teatrale, ma poi è stato abbandonato a se stesso: non più sostenuto, ma mortificato dagli stessi organizzatori. S’è visto chiaramente che quel che cercavano di imbastire i poveri attori non poteva essere iniziativa di chi conosce le fondamentali regole teatrali, ma era piuttosto un’improvvisazione basata sulla buona volontà di pochi.
I comunicati informavano che «il pubblico potrà assistere non a una semplice rappresentazione, ma a un’esperienza immersiva che riporta in vita un momento cruciale della Storia». Ma dove? Ma quando? Altro che «immersiva»! Il pubblico era tenuto ben distante dal luogo della «immersione». Eppure, la promozione era stata divulgata con la dicitura «ingresso gratuito». Ma a quale ingresso si allude, se nessuno è stato fatto scendere nell’area storica; tutti sono rimasti attaccati alla ringhiera esterna che delimita il perimetro degli scavi. Tra costoro, i più fortunati hanno potuto beneficiare di una posizione frontale rispetto allo spazio scenico, ma la maggior parte s’è dovuta accontentare di vedere gli attori dai lati (se non addirittura da dietro) a una distanza di circa sessanta metri dal luogo deputato. Questo significa mantenere la cultura lontana dai cittadini, perché i nostri burocrati, onorevoli o assessori che siano, non sanno cosa sia la cultura. E prova ne è che gli spettatori che hanno sfidato una temperatura piuttosto rigida, erano immersi nella caotica e consueta vita cittadina: sirene, ambulanze, clacson, motori, autobus, tram, auto, pazzi che urlano, fischietti di vigili, cani che abbiano e tutto quel circo metropolitano che la cultura non prevede. Ecco cos’è stato il Giulio Cesare per chi è accorso a largo di Torre Argentina, richiamato dalla promozione di un evento a distanza.
Foto: Il «Giulio Cesare» con la regia di Yuri Napoli (© Nicolini)