30 marzo 2024

«La Conventicola degli Ultramoderni» di Mirko Dettori (2°)



Musica e comicità, cabaret e burlesque
per chi la notte non ha voglia di dormire
Roma, 28 marzo 2024

MUSICA, COMICITÀ E BURLESQUE:
SIOR MIRKACCIO CHIUDE I GIOCHI ALL’ALBA

Alle tre di notte la voglia di divertirsi è ancora alle stelle alla Conventicola degli Ultramoderni: in sala si fa spazio all’allegria degli avventori, ai quali il Sior Mirkaccio, (come già scritto a giugno scorso) folti mustacci alla Bismarck e lucida «pelata» alla Yul Brynner, fino a quel momento ha sgretolato ogni indugio inibitorio. Con le dita che scivolano ancora leggere sulla tastiera del suo Lipp, pianoforte verticoda che pare abbia fatto parte della collezione di Arturo Benedetti Michelangeli, Mirko Dettori controlla, con lo sguardo e il sorriso del perfetto padrone di casa, la vivacità degli stakanovisti della notte. Ma se si è costretti a spostare qualche tavolino per consentire di dar libero sfogo a chi sente la necessità di ballare, la colpa è certamente di quel giovanotto che risponde al nome di Renato Carosone, il quale con il suo swing partenopeo e parte americano fu il primo vero ultramoderno italiano; se poi bisogna cedere il microfono a chi sente l’esigenza di dedicare una canzone la colpa allora ricade proprio su Mirko che, al pianoforte, le conosce tutte e non sbaglia una nota.

28 marzo 2024

«Chilometro_42» di Giovanni Bonacci


27 marzo 2024

CIABURRI: MARATONETA COL MICROFONO

Quando frequentavo a tempo pieno i camerini dei primi attori – quelli di qualche anno fa – mi colpiva sempre la cura con cui si ritoccavano il viso con impercettibili sfumature: c’era chi si metteva due punte di matita rossa tra le palpebre, nell’angolo interno, lì dove defluiscono le lacrime, perché – diceva – rende lo sguardo più fermo; c’era chi aggiungeva un filo di nero dalla parte opposta, perché allunga l’occhio; c’era chi si spalmava una polvere scura sulla fronte stempiata per non far riverberare la luce dei proiettori; c’era chi si incipriava il collo per mascherare le rughe. Potrei raccontare tante altre accortezze che questi giganti del palcoscenico osservavano prima del Chi è di scena, non solo per vanità, ma per concentrarsi meglio, per isolarsi, per regalare all’eternità del loro personaggio una particolarità unica. In tutti loro, però, vigeva una regola ferrea: la perfezione della maschera. Soltanto grazie a quella precisione figurativa potevano aggiungere la perfetta voce, con toni alti o bassi, timbri gravi o acuti, fiati corti o lunghi.

27 marzo 2024

«La sparanoia» di Niccolò Fettarappa

26 marzo 2024

QUANDO LA POLITICA È MORTA, MUORE ANCHE LA SATIRA POLITICA

Qualcuno – non ricordo chi – un po’ di tempo fa mi esortò a prendere atto del teatro di Niccolò Fettarappa, vincitore di svariati premi. Così quest’anno, adocchiato il suo nome in cartellone al Vascello, non me lo sono lasciato sfuggire. Ancora nel foyer, in attesa di prender posto in sala, scorrendo la locandina, ho preso atto – anche – che si può scrivere un testo per il palcoscenico avvalendosi del «contributo intellettuale» di un altro intelletto.

26 marzo 2024

«Storia d’incroci e d’anarchia» di e con Veronica Milaneschi

Roma, Teatro Cometa Off
25 marzo 2024

PER NIKE UN PROZAC CONTRO LE NEVROSI DA TRAFFICO

Più che una recensione Storia d’incroci e d’anarchia merita una riflessione. Un’amara riflessione, non sui temi che tocca il testo, condivisibili ed egregiamente interpretati da Veronica Milaneschi, ma sul modo di far teatro. Sul sistema monologo. Veronica, giustamente, potrebbe dirmi: ma come, proprio quando vieni a vedere me, ti metti a fare la riflessione sul monologo: si vede che sei di Roma Nord! E Veronica avrebbe mille ragioni per rimproverarmi, ma voglio tranquillizzarla: credo di poter affrontare tranquillamente il discorso, per certi versi un po’ polemico, approfittando della sua simpatia, della sua bravura come attrice, e della sua arguzia come autrice. Il testo è promosso. La realizzazione pure. E anche la regia di Patrizio Cigliano ha condito l’allestimento con tutto quel che occorreva per rendere più gustosa e divertente la performance.

24 marzo 2024

«I cuori battono nelle uova» di Alberto Fumagalli

© Serena Pea
Roma, Teatro Belli
(Rassegna Expo)
23 marzo 2024

LA POESIA DELL’ANTI-MITO NELL’UOVO DI FUMAGALLI

La dea Atena nacque dal capo di Zeus, Dioniso dalla sua coscia, Afrodite dai genitali di Urano che caddero in mare. Il mito greco ci insegna che nell’Olimpo si poteva anche fare a meno della donna per mettere al mondo una creatura: i racconti mitologici ci son giunti tramite la trascrizione di antichi testi scritti in versi. Soltanto l’arte dei poeti ha potuto incantare generazioni e generazioni di giovani, vecchi, bambini con storie inverosimili ma dense di significati e di dottrina. Il percorso creativo di Alberto Fumagalli sembra arrampicarsi su per l’albero genealogico della poesia epica per arrivare fino al mito di Atena, di Dioniso e di Afrodite e costruire espressamente per loro un piccolo anti-mito. E, rivolgendosi direttamente agli dèi, con la grazia musicale del loro stesso linguaggio – la poesia – pare che voglia dire: guardate, care divinità, con tutto il rispetto per i vostri insegnamenti, sappiate che della mamma non si può fare a meno, perché i cuori battono nelle uova! L’autentico mito di noi umani è proprio il modello della maternità, con quel bel pancione gonfio, pronto a donar la vita e a far nascere il futuro «da una palla di cristallo» fatta di acqua e pelle.

23 marzo 2024

«Fuoco sublime» di Raffaella Bonsignori

Raffaella Bonsignori, Federico Poggetti e Maximilian Nisi (© Annamaria Pieri)

Roma, Montecitorio
Sala Matteotti, 19 marzo 2024

MICHELANGELO: IN VITTORIA C'ERA LA BELLEZZA DI OGNI ESSERE UMANO

Folgorata dall’interpretazione che Rutger Hauer fece di Michelangelo nel docufilm del 2012, Il cuore e la pietra, Raffaella Bonsignori ha scritto un dialogo per il palcoscenico dedicato non solo al genio, ma soprattutto alla sensibilità emotiva del Buonarroti. Ha realizzato un sogno, dice, che probabilmente covava da lungo tempo, e che ha trovato ispirazione nelle immagini del vecchio artista rappresentato da Hauer. Il Michelangelo del suo Fuoco sublime, titolo dell’opera (edita da Critica e Cultura, 2021), è un uomo giunto ormai agli sgoccioli dell’esistenza, stanco nel fisico, forse addirittura già in debito con le energie dei muscoli, ma la sua vitalità d’animo è ancora accesa dalla fiamma delle passioni che bruciano di sentimento più che mai vivo. È un artista stordito dai ricordi che, per disperazione, come in un impeto di sopravvivenza, hanno la forza di materializzarsi nelle confidenze che lo scultore espone al fedele aiutante, quel Francesco Amadori, detto l’Urbino.

22 marzo 2024

«7 minuti» di Stefano Massini

Roma, Teatro Vittoria
21 marzo 2024

UN FATTO REALMENTE ACCADUTO, UNA REGIA SINCERAMENTE ASSENTE

Trascrivo qualche riga dalle brevi note stampate sulla brochure, ché non saprei far di meglio: la commedia «trae spunto da un fatto realmente accaduto in una fabbrica tessile francese, dove alle operaie fu proposto il taglio di 7 minuti di intervallo su un totale di 15. Partendo da questa vicenda, Stefano Massini … dà voce a undici personaggi femminili che costituiscono la rappresentanza della fabbrica».

21 marzo 2024

«De Gasperi: l’Europa brucia» di Angela Dematté


20 marzo 2024

PIEROBON INCANTA NEL RUOLO DEL PRIMO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Uno dei primi moniti che Angela Demattè fa dire al suo De Gasperi riguarda il nostro dizionario postbellico che poté arricchirsi di sostanziose parole dall’elevato significato comunitario: Democrazia, Libertà, Economia, Cristianità. Vocaboli che esprimevano quei valori essenziali sui quali il Ricostruttore d’Italia fondò la sua politica nazionale e, con uno sguardo al futuro, anche europea. È infatti bastato sostituire alla Cristianità una più laica Fratellanza per dar vita al suo sogno di Europa unita. Che, tuttavia, nella pratica, non è proprio come l’aveva pensata, ma questo è un discorso più complesso che non è il caso, qui, di sviscerare. Riassumere in poche righe il decennio dell’Italia degasperiana, rappresentata con fulgida chiarezza sulla scena del Teatro Vascello (fino al 24 marzo) da una eccellente compagnia, guidata dallo straordinario Paolo Pierobon, e diretta da Carmelo Rifici, è impresa eroica, valida per un volume di storia contemporanea.

20 marzo 2024

«Un principe in arte Totò» di Antonio Grosso


Roma, Cometa Off
19 marzo 2024

TOTÒ, PINZILLACCHERE E TAMMORRA: I PRIMI PASSI DEL PRINCIPE

Antonio Grosso ripropone al Cometa Off, fino al 24 marzo, il suo Totò senza bombetta – «sbombettato» potrebbe dire scherzosamente il Principe – ossia un Totò privato della sua fisionomia, quasi addirittura della sua identità, ma non della sua anima che qui anzi esplode più scoppiettante e pirotecnica che mai. Un Principe in arte Totò è un omaggio al re delle pinzillacchere, quelle geniali schegge di buonumore che lo hanno reso eterno: Grosso le ha fatte sue per seminarle sulle tavole del palcoscenico e far sbocciare i fiori della giovinezza dell’attore partenopeo. Si racconta il periodo in cui viveva alla Sanità, quando a chiamarlo Totò erano soltanto in pochi e quando l’avvenire d’artista comico non era ancora nemmeno una chimera. Sono soprattutto i primi passi di Antonio Clemente, quando portava ancora il cognome della madre.

19 marzo 2024

«Sei un mistero blu» di Giorgia Leuratti


Roma, Libreria Tiburtina Incipit
16 marzo 2024

LA POESIA TRASCRITTA COL BLU DI UN INCHIOSTRO ASSAI SANGUIGNO

La poesia, per fortuna, è sempre più semplice di come la si spieghi. Sia David La Mantia, nella prefazione, che la stessa Giorgia Leuratti, durante la presentazione, si sono avventurati sulla difficile erta dell’esegesi (l’uno) e dell’interpretazione (l’altra). Entrambi, come spesso capita, hanno inconsapevolmente tentato di supportare una ipotetica claudicante vecchierella portandole chi le grucce per camminare e chi un brodo di pollo per rinnovarle le energie. Un sostegno (doppio) di cui i versi della Leuratti non hanno bisogno, ché, anzi, sembrano giovani e arzilli e perfino, a modo loro, briosi e freschi. Quando, infatti, mi sono calato nella lettura di Sei un mistero blu, edito da Controluna, ho provato un piacere fanciullesco, direi quasi un divertimento, nel rintracciare quelle parole, quelle espressioni, quei giochi poetici che si rincorrono, come in un prospetto enigmistico, dalla prima all’ultima composizione.

LA POESIA: «Degrado»

Roma, 17 marzo 2024


Dall’oscurità del viscido sottobosco
sempre sottostante ma non più sottoposto,
benché ancora alquanto sottosviluppato,
nonostante sia da tempo assai indaffarato,
in costante sovrappeso, anche un po’ obeso,
emergendo con l’armi di tanta ignoranza
(moderne asce di guerra senza speranza)
si ersero i nuovi barbari visigoti
visi incolti, visi d’asino appinocchiati, 
con l’anello al naso, visini tatuati,
rivestiti di abiti griffati, alla moda,
coi pantaloni stracciati de’ bisognosi,
rottamazioni di arlecchini avanzati,
pronti ad assalire le fortificazioni
dell’ironia, le vallate del sarcasmo
con le esenzioni dell’inflessibile travet.
Con la molestia di un gemito senza orgasmo
invasero con doppia e tripla giravolta
gli avamposti a difesa della voce colta.
Avevamo archibugi arrugginiti e tardi,
nobili balestre ormai vetuste e maldestre,
alabarde, spiedi e spuntoni un po’ vegliardi,
durlindane e larghi scudi per garantire
immunità agli stemmi del madrigale
che muffiti, stanchi ed ormai senz’avvenire,
in campo aperto si lasciarono colpire.
Sciabole appese e qualche logoro pugnale
già inciso di fregi ora offeso di spregi,
tentarono insieme l’assalto coraggioso
a protezione della terzina dantesca,
ma mandarono avanti foderi sgonfiati;
e nel diretto affronto, poco dignitoso,
endecasillabi nobili e pur fiaccati
caddero come i figli della Gherardesca
uno ad uno e più che il dolor poté nessuno.

© Fausto Nicolini


Foto: © ???



18 marzo 2024

Ricordo di Vito Riviello, poeta della notte

Vito Riviello,
nato a Potenza nel 1933
morto a Roma il 18 giugno 2009

USAVA LE PAROLE PER GIOCARE A SORPRESA

Il personaggio di una commedia che ho assai amato dice: «La morte vista su di sé è naturale, la morte vista sugli amici è diabolica». Verissimo. La scomparsa di un amico crea sempre una violenta lacerazione nel nostro sentimento affettivo che tuttavia, in qualche maniera riusciamo a salvaguardare per una sorta di autodifesa o per il rispetto verso la vita e per il ricordo della persona che non c’è più; ma resta viva l’assenza delle parole dell’amico che all’improvviso ci lasciano sperduti, in una solitudine senza conforto, in uno stato di abbandono definitivo. Se poi l’amico morto è un poeta che vive di parole, che dona senso alla vita nella maniera più nobile, usando la parola come simbolo di amicizia e di vitalità, allora la diabolicità della morte acquista un valore irreparabile. Qualcuno, alla vaga ricerca di una consolazione, potrà dire: le parole di un poeta sono quelle scritte; tutti i poeti ci hanno lasciato parole meravigliose. Sì, è certamente vero, ma chiunque scriva versi sa bene che le parole ancora non dette, quelle ancora da scrivere, ancora da leggere, ancora da ascoltare sono altrettanto necessarie. Per chi crede nella parola deve essere così. E con Vito Riviello questo indispensabile nutrimento si ripeteva a ogni incontro: parole nuove arricchivano parole già dette, e altre fiorivano da pensieri già pensati, fino a far sentire l’acquolina in bocca nell’attesa di una nuova scorpacciata.

17 marzo 2024

«Roma e dintorni», da Belli a Califano, da Trilussa a Remotti

Roma, Off/Off Theatre
16 marzo 2024

MARCHIONI AL SACRO PREDILIGE IL PROFANO

La poesia romanesca conquista il palcoscenico dell’Off/Off che, grazie alla passione e alla maestria di Vinicio Marchioni, si riempie di versi e strofe vernacolari. La serata s’apre con un veloce ripasso scolastico sulla struttura del sonetto: due quartine a cui seguono due terzine, formate da endecasillabi in rima baciata o alternata. Il professor Marchioni rinfresca la memoria alla platea, perché – dice – nel sonetto ce ritrovi l’anima genuina della Città eterna. Poi ricorda pure che questo tipo di poesia è nato molti secoli prima in Sicilia, ma è stato G. G. Belli, nell’Ottocento, a incastonare perle di vizi e di virtù della Roma papalina con oltre duemila componimenti.

16 marzo 2024

«Pensaci, Giacomino!» di Luigi Pirandello

Pippo Pattavina

15 marzo 2024

AGOSTINO TOTI, IL TEATRO INCANTATO DI QUARANT’ANNI FA

Pensaci, Giacomino! è una novella scritta da Pirandello nel 1910 e voltata in commedia sei anni più tardi. Tre atti, con tre differenti scene, che Pippo Pattavina trasferisce sul palco esattamente come sono stati pensati dall’autore oltre un secolo fa, affidando la regia a Guglielmo Ferro. Un’operazione, si direbbe, d’archivio: rivedere in palcoscenico l’allestimento così come fu pensato in origine. Sì, perché Ferro si è limitato soltanto a creare sul palco i camerini degli attori, cosicché, quando essi non prendono parte alla scena, li vediamo seduti, alle spalle di chi recita, ciascuno alla propria toletta, in attesa di rientrare da uno di quegli usci che Pirandello si divertiva a disseminare in abbondanza nelle didascalie delle sue opere.

15 marzo 2024

«La casa nova» di Carlo Goldoni


Roma, Teatro India
14 marzo 2024

UN’ESECUZIONE ESEMPLARE DI UNA DIVERTENTE COMMEDIA EDUCATIVA

Di questi tempi, arrivare al Teatro India non è facile. Roma, sventrata dai cantieri in ogni dove, paralizza il traffico: le deviazioni costringono gli automobilisti a estenuanti gimcane. L’orario d’inizio spettacolo alle ore 20 obbliga coloro che vogliono raggiungere il lungotevere Vittorio Gassman, di fronte al gasometro, ad attraversare la città nel momento cruciale dell’uscita dagli uffici, del lento ritorno a casa: secondo me, sarebbe opportuno rivalutare il vecchio orario delle 21 per aprire il sipario in un clima più sereno – voglio dire, un pubblico meno nevrotico. Tuttavia, La casa nova portata in scena da Piero Maccarinelli è un ottimo incentivo per farsi un bagno nel traffico della Capitale e precipitarsi all’India. Ne vale la pena. È un’opera teatrale divertente, bene allestita e ottimamente recitata. Con un eccellente primo attore.

14 marzo 2024

«Mammoletta» di Federica Tuzi e Serafino Iorli

13 marzo 2024

NON COSÌ SI OMAGGIA UNA MAMMA

Al termine della performance, Serafino Iorli vuole puntualizzare, quasi in punta di piedi, che lo spettacolo è un omaggio a sua mamma. Be’, anche senza la precisazione, in verità, s’era capito. E s’è capito anche che questa prerogativa è tanto il pregio morale quanto il difetto estetico del testo. Iorli ha aggiunto anche d’essere sicuro di aver fatto vibrare in ciascuno di noi, seduti in platea, le corde della memoria, quelle che ci tengono in contatto con «i nostri cari che non ci sono più». Mi spiace contraddirlo, ma se è vero che l’idea nasce da un desiderio intimo che riguarda sua madre, tale è rimasto anche per noi. Lo spettacolo è sua madre. È lei il personaggio principale, il grande assente che muove le fila del racconto e soprattutto dei sentimenti.

13 marzo 2024

«Ciarlatani» di Pablo Remón


Roma, Teatro Argentina
12 marzo 2024

NINA, IL MIRACOLO DEI CIARLATANI

Il teatro non finisce mai di regalare emozioni con le sue favole, i suoi miracoli. Nell’era in cui la tecnologica comincia a perseguitarci (personalmente a infastidirmi), in palcoscenico può ancora accadere qualcosa di umanamente meraviglioso e con le stesse dinamiche di come è sempre accaduta, anche mille e più anni fa. Al calar delle luci in sala, Silvio Orlando raggiunge la ribalta per annunciare quel che potrebbe sembrare una notizia ferale per qualunque capocomico: «Questa sera la nostra attrice Blu Yoshimi non può recitare. La sostituirà la signorina Nina Pons: e se la vedrete con il copione in mano, sappiate che quel copione, Nina, l’ha letto ieri per la prima volta». Le parole di Orlando non sono state esattamente le stesse che ho riportato tra virgolette, ma il senso che ho cercato di restituire mi pare onesto.

12 marzo 2024

L’esilarante arte del divenire

Arlecchino e Eleonora Duse

L’AUDACIA DI ROMEO, L’ASTUZIA DI GIULIETTA

Una carrellata di aneddoti teatrali antichi e moderni: letti, ascoltati, vissuti

 

Prologo

Quando, un paio di secoli fa, la Commedia dell’arte trionfava ancora su tutti i palcoscenici di un’Europa che aveva ancora molto spiccato il senso del divertimento, avvenne, durante una rappresentazione, che l’Arlecchino, dopo aver preso un diluvio di legnate, cadde perdendo i sensi. Il pubblico non si accorse di nulla e nemmeno ci fece caso colui che mosse il bastone, fuggito subito in quinta per esigenze di copione. Sul fondo della scena, quindi, apparve, preoccupata per il frastuono, Colombina, la quale vedendo il compagno immobile, disteso faccia a terra, cominciò da personaggio a gemere, ma da attrice corse a rianimarlo. Si gettò sul corpo di Arlecchino. Lo scosse. Fece il gesto di strapparsi i capelli, ma il buon servitore proprio non dava segni di vita. Allora, prima di gridare aiuto e interrompere la commedia, come ultimo tentativo, pigiò con energica pressione e con entrambe le mani sul dorso del collega: una, due, tre volte. Si chinò per soffiare sul viso riverso dell’attore, ancora con la maschera sul volto, ma venne richiamata da un diverso soffio, piuttosto rumoroso, che sortì da altro pertugio del corpo di Arlecchino. Colombina finalmente sospirò rinfrancata: «Cielo, ti ringrazio, respira ancora».

11 marzo 2024

La notte degli Oscar 2024

SETTE STATUETTE PER «OPPENHEIMER» DEDICATE ALLA PACE NEL MONDO

Vincono anche le pellicole straniere di Glazer (due premi) e di Justine Triet per la sceneggiatura

Alle 3.20 del mattino (ora italiana) Oppenheimer porta a casa la settima statuetta. La più importante. Ma già da più di un’ora la scelta del vincitore era ormai chiara. Dopo un iniziale exploit a vantaggio del film di Yorgos Lanthimos che ha conquistato di seguito le premiazioni del trucco, della scenografia e dei costumi, Povere creature! ha dovuto cedere il passo alla sontuosa opera di Chris Nolan sulla bomba atomica. E, com’era prevedibile, bomba è stata: film, regia, attori (protagonista e non protagonista), fotografia, montaggio e colonna sonora. Sette squilli su tredici nomination. In dirittura d’arrivo Emma Stone, pur senza voce, è riuscita ad afferrare la quarta statuetta per il personaggio di Bella, donna bambina della favola del regista greco. Secondo Oscar personale, dopo La La Land del 2017. 

10 marzo 2024

«Spettri», di Henrik Ibsen

 «I maestri non muoiono mai». Mercoledì 6 marzo 2024 Rimas Tuminas ci ha lasciati: lo vengo a sapere soltanto oggi leggendo un post su Facebook di Gianluca Merolli. Dal 2022 Tuminas aveva scelto di vivere in Italia, per sfuggire alle minacce che aveva ricevuto in Russia, dove nel 1990 aveva fondato il Piccolo Teatro di Vilnius e successivamente aveva preso la direzione del Teatro Vakhtangov di Mosca. Tempo fa gli fu diagnosticato un tumore ai polmoni, ma non ha rinunciato a intraprendere l’allestimento di una nuova versione del Giardino dei ciliegi di Cechov con una compagnia cinese. Nel 2022 portò in scena gli Spettri di Ibsen di cui ripropongo la recensione. Aveva 72 anni.

Roma, Teatro Quirino
15 dicembre 2022

I FANTASMI DI TUMINAS RIEVOCANO I RICORDI DEL BEL TEATRO CHE FU

Quando, al finale, il sipario comincia a chiudersi, in sala scoppia l’applauso. Al riaprirsi della tela, con gli attori in proscenio a riscuotere il caloroso e giusto entusiasmo del pubblico del Quirino, a gran voce, qualcuno grida: «Viva il teatro». Non si è trattato soltanto di uno slancio di partecipazione emotiva, di un clamoroso tripudio, piuttosto è sembrato l’urlo disperato di uno spettro seduto in platea assetato di un teatro che in Italia non si ascolta e non si vede più da troppo tempo. Quel teatro scritto dalla penna di un grande autore, letto dall’acume di un esperto regista e interpretato da ottimi attori. Per carità, siamo distanti dai mitici allestimenti degli anni d’oro a cui anche la signora Andrea Jonasson partecipò, ma lo spettacolo riproposto da Rimas Tuminas diventa, nel triste panorama di sterili monologhi in cui ciascuno è scrittore di stesso, un evento commovente: un approfondito lavoro di gruppo intorno ad un testo che è un caposaldo della letteratura teatrale. Così gli Spettri rievocano i fantasmi del bel teatro che fu.

«Ennio», film documentario di Giuseppe Tornatore

Roma, Cinema Lux
10 novembre 2022

C’ERA UNA VOLTA… MORRICONE

«Servono solo due o tre note per comporre una colonna sonora»

L’evento è davvero straordinario. La sala è piena, non c’è un posto libero. Anzi qualcuno è seduto su piccole sedie aggiunte.
«Non si potrebbe», è la voce che fino a poco prima dell’ingresso in sala si sentiva dire al botteghino.
«La legge lo vieta, ma l’evento è straordinario e con un solo giorno di proiezione non si può rimandare la gente a casa», sussurra un signore fiaccato dal tormento della responsabilità.
L’evento è straordinario: «Soltanto oggi e in poche sale in tutta Italia», si puntualizza all’ingresso.
«La società che distribuisce il film poteva concedere qualche giorno in più», lamenta un altro spettatore.
«L’evento è straordinario perché per vedere le cose belle ce le fanno sudare, ci obbligano a rincorrerle e poi si rischia pure di tornare a casa a bocca asciutta», sintetizza il più anziano.

Tutti hanno ragione, ma nessuno sa il vero motivo per cui l’evento è davvero straordinario. E ha fatto benissimo il direttore del cinema a prendersi la responsabilità di aggiungere qualche posto a sedere, all’ultimo minuto, per non rovinare la festa a Ennio Morricone che la sera del 10 novembre, in occasione dello straordinario evento, avrebbe soffiato su 94 candeline, e magari con la tromba, il primo amore.

09 marzo 2024

«Finché morte non ci separi?», di Giuseppe Oppedisano

Cristina Barbagallo e Arianna Toso

Roma, Teatro Tordinona
8 marzo 2024

LA VIOLENZA ALLE DONNE IN SETTE CAPITOLI, MA SENZA SPIRITO CRITICO

Peccato, cara Elisabetta! Lettera a una giovane spettatrice

Peccato che un argomento così delicato e importante sia stato proposto in maniera tanto didascalica. Peccato che un tema così attuale sia stato affrontato seguendo il cliché della vittima e lo stereotipo del carnefice. Peccato che sia stato scritto come l’elenco dell’indice di un reportage giornalistico sulla violenza alle donne. Peccato che ci si sia soffermati sulla crudeltà della sterile cronaca senza mai tentare d’indagare sui motivi che determinano queste assurde atrocità. Peccato che entrando in platea e guardando il palcoscenico ancora vuoto, con le sedute (sedie, sgabelli, poltrona), tutte rivolte verso il pubblico, si ha l’impressione di dover assistere a una conferenza e non a uno spettacolo teatrale. E peccato che la conferenza sia poi proseguita con numeri e percentuali, con statistiche e conteggi che di teatrale non hanno assolutamente nulla. Peccato, sì!

08 marzo 2024

«Anatomia di una caduta», film di Justine Triet


Festa del Cinema di Roma
Teatro Studio G. Borgna
22 ottobre 2023

SOTTO PROCESSO UNA SOCIETÀ OSSESSIONATA DAI LUOGHI COMUNI

Davvero un bel film, intrigante e intelligente, che mette sotto processo la mentalità di una società corrotta dal conformismo. Un thriller giudiziale accattivante e arguto che giustamente ha vinto la Palma d’oro all’ultimo festival di Cannes. I fatti: Sandra, scrittrice, insieme con il marito Samuel, scrittore e insegnante, e il figlio undicenne Daniel, da sette anni ipovedente (cioè, non completamente cieco) a causa di un incidente, vive in una isolata baita di montagna non lontano da Grenoble. Daniel, rientrando da una passeggiata col cane, scopre il cadavere del padre disteso in terra davanti alla porta d’ingresso. Le apparenze indicano chiaramente che sia caduto dall’alto: sì, ma come e perché? Tre sono le ipotesi: incidente, suicidio, omicidio. Al momento del ritrovamento in casa c’era solo Sandra, che – come asserisce ella stessa – dormiva e non ha sentito alcun rumore. Le tracce individuate sulla neve sono evidenti, ma nascondono la verità. Ovvio che Sandra è l’unica sospettata: comincia, quindi, un processo, attraverso il quale l’autrice del film, Justine Triet (che ha scritto la sceneggiatura con Arthur Harari), seziona da varie angolazioni l’intimità della vita della coppia. In tribunale l’accusa (condotta da un ottimo Antoine Reinartz, insopportabile come la spina di un cactus conficcata nella pianta del piede) esplora ogni particolare, spoglia davanti alla corte i caratteri di marito e moglie, vivisezionando tutte le intromissioni esterne, scandaglia il passato, ipotizza un futuro, coinvolge attivamente il ragazzo (unico testimone delle vicende domestiche). Entrambi sono scrittori: allora si studiano i libri che hanno pubblicato per cercare di rintracciare un indizio che conduca alla verità che, invece, pare, se ne sta sempre in disparte a osservare un ossessivo procedimento giudiziario, dal suo punto di vista, ridicolo. Al termine, infatti, ci sarà una sentenza, ma i fatti resteranno senza conclusione.

07 marzo 2024

«La lezione» di Eugène Ionesco


Roma, Teatro Basilica
6 marzo 2024

L’INELUTTABILE DRAMMA DEL LINGUAGGIO OGGI È MENO COMICO DI IERI

Mai come in questo periodo di profonda incomunicabilità La lezione di Ionesco si veste dei panni grotteschi di una tragedia di un uomo piccolo piccolo, deriso dalla sua stessa incapacità di spiegare a un’allieva una semplice sottrazione: 4-3. Il «dramma comico in prosa», come lo definisce l’autore, è del 1951, sei anni dopo la caduta del nazismo, un periodo intellettualmente molto fervido (Visconti girava Bellissima, la Yourcenar pubblicava le Memorie di Adriano) grazie a una maggior serenità dei rapporti tra i popoli, e a un forte desiderio di fratellanza e di scambio di informazioni, attraverso messaggi densi di rivelazioni. Ionesco si guarda alle spalle – a quel che è stato fino a prima della guerra – e osservando, col senno di poi, quelle atrocità ne ricava, appunto, un dramma comico, quasi spensierato, ma frutto di una sofferenza trascorsa: l’incapacità di comprendersi. Ecco che, al finale, la soluzione logica, di un dramma che logica non ha mai avuto, è mettersi al braccio una fascia rossa con la croce uncinata. Così, l’assassinio della ragazza «diventa una faccenda politica», dice la governante.

06 marzo 2024

«The holdovers» di Alexander Payne


Roma, cinema Adriano
5 marzo 2024

PAUL GIAMATTI SOSTIENE «I RESIDUI» DELLA RETORICA

Qualche fine scienziato della distribuzione italiana di The holdovers ha avuto la bella pensata di aggiungere, al titolo originale, una postilla: Lezioni di vita. Non essendo la traduzione letterale del nome con cui è stato battezzato il film, e avendo – questa geniale pensata – un significato abbastanza fuorviante dall’argomento principe, mi chiedo se davvero si sentisse la necessità di rendere banale un titolo, forse per noi criptico, ma molto più significativo. Sono ormai anni che in Italia le pellicole americane spesso mantengono l’autenticità della loro egida in cartellone, a volte anche poco comprensibile (come in questo caso), ma offrire al pubblico una spiegazione distorta, che lambisce la retorica più melensa come richiamo per le allodole, non è né corretto e nemmeno furbesco. Non sono lezioni di vita che i protagonisti si scambiano, ma è la tragedia del confronto generazionale ad essere il fulcro di una conoscenza coatta, nata sotto cattiva stella, che però finisce per creare un affetto sincero, determinato da un rapporto di sottile cameratismo tra due sfigati di epoche diverse.

05 marzo 2024

«Povere creature!» di Yorgos Lanthimos


Roma, Cinema Moderno
3 marzo 2024

IL MONDO DI BELLA È IL CINEMA DELLE MERAVIGLIE

Film straordinario per la sua semplice complessità. L’ossimoro cinematografico è di Yorgos Lanthimos che firma per il grande schermo una raffinata opera «letteraria» di ottima fattura, nella quale affronta talmente tante tematiche che per comprenderle tutte e rivelarne la profondità si abbandona al puro surrealismo. Non c’è mai una inquadratura realistica: ogni cosa è deformata dall’abuso delle ottiche grandangolari. Tutto è ampliato, curvato, dilatato come in una visione onirica e irrazionale. Ma quanta verità si può leggere in questa fiaba, ispirata all’omonimo romanzo dello scozzese Alasdair Gray.

04 marzo 2024

«Le Molière imaginaire» di Olivier Py

Laurent Lafitte è Molière

Nizza, cinema Rialto
23 febbraio 2024

«NON È LA MIA MALATTIA AD ESSERE IMMAGINARIA, MA IL MIO IMMAGINARIO AD ESSERE MALATO»

È un film appena sfornato, del 2024. In Italia ancora non è uscito nelle sale (e chissà se…), ma vale la pena ricordarlo soprattutto per il nome che porta nel titolo: un colosso del teatro mondiale dalla vita disordinata che assomiglia a un’avventura epica, un’esistenza vissuta nella consapevolezza della finzione teatrale e della reale immaginazione. Sono queste, in effetti, le radici che hanno generato Le Molière imaginaire di Olivier Py. Una rappresentazione su palcoscenico della vita privata di Jean-Baptiste Poquelin (1622–1673).

03 marzo 2024

«American fiction» di Cord Jefferson

Erika Alexander e Jeffrey Wright
Amazon Prime
2 marzo 2024

IL LIBERO PENSIERO DEL PROFESSOR «MONK», ANTICONFOMISTA RIBELLE

Nel 1944 Thelonious Monk scrisse un brano musicale dal titolo diventato poi leggendario: Round midnight. Considerato sin da subito un pezzo di difficile esecuzione, ancora oggi resta il vessillo di un genere jazz considerato innovativo. Cootie Williams, che collaborò in parte alla creazione, disse che gli inconsueti e bizzarri giri armonici che la musica conteneva erano il miglior frutto del «pessimo» carattere di Thelonious, uomo per certi versi stravagante, a volte scontroso, quasi sempre rintanato nel silenzio, ma pronto a proporre l’idea più originale. E originale e diverso da tutti gli altri, all’epoca, era Round midnight, brano che trovò una casa discografica soltanto tre anni dopo il suo battesimo in pubblico.

02 marzo 2024

«La parrucchiera dell’imperatrice» di Franca De Angelis

1° marzo 2024

LA PRINCIPESSA SISSI: IL MISERO POTERE DI UNA DONNA CORONATA

Per raccontare gli ultimi istanti di vita dell’imperatrice Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, Franca De Angelis dà voce a Fanny, la sua acconciatrice, parrucchiera, dama, e, perché no, anche confidente. È il 10 settembre 1898, Sua Maestà si trova a Ginevra, e all’improvviso si accascia a terra. Fanny, che le stava accanto, lancia un urlo. È il grido che apre il monologo, firmato per la scena da Christian Angeli e interpretato da Patrizia Bernardini.

01 marzo 2024

«Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello», alla Sala Umberto

29 febbraio 2024

A TEATRO CI VUOLE L’AUTORE!

Pirandello ci avvertì per tempo: «Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai!», lo scrisse proprio nel dramma dei Sei personaggi spiegando bene il concetto: «Come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro». Michele Sinisi certamente avrà dentro di sé un suo mondo e, per raccontarcelo, userà parole nelle quali metterà il senso e il valore delle cose come sono nel suo mondo; mentre io, inevitabilmente, le assumerò col senso e col valore che hanno per me. Solo così potrei spiegarmi il motivo per cui durante la sua sperimentazione dei Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello (laddove il nome di cotanto autore fa parte del titolo dell’operazione) non ci siamo intesi. Peccato, però, perché le parole di Pirandello, qualche anno fa, io le avevo comprese. Oggi, purtroppo, attraverso il senso che ne vuol dare Sinisi, no, non le ho capite più: e non so se sia colpa dell’età!

Pour vous