14 marzo 2024

«Mammoletta» di Federica Tuzi e Serafino Iorli

13 marzo 2024

NON COSÌ SI OMAGGIA UNA MAMMA

Al termine della performance, Serafino Iorli vuole puntualizzare, quasi in punta di piedi, che lo spettacolo è un omaggio a sua mamma. Be’, anche senza la precisazione, in verità, s’era capito. E s’è capito anche che questa prerogativa è tanto il pregio morale quanto il difetto estetico del testo. Iorli ha aggiunto anche d’essere sicuro di aver fatto vibrare in ciascuno di noi, seduti in platea, le corde della memoria, quelle che ci tengono in contatto con «i nostri cari che non ci sono più». Mi spiace contraddirlo, ma se è vero che l’idea nasce da un desiderio intimo che riguarda sua madre, tale è rimasto anche per noi. Lo spettacolo è sua madre. È lei il personaggio principale, il grande assente che muove le fila del racconto e soprattutto dei sentimenti.

La storia nasce dalla mamma ancora nubile ragazza e ad essa ritorna dopo la diagnosi dell’Alzheimer. Un’intera vita dedicata al figlio, preoccupata per il figlio che gioca con le bambole e nell’armadio tiene nascosta la bionda parrucca di Patty Pravo. Si sente il costante indissolubile vincolo d’amore che lega Serafino a sua madre e viceversa; anche se la penna degli autori inizialmente si sofferma forse più del dovuto sui ricordi di una televisione in bianco e nero e con due soli canali (che all’epoca si chiamavano programmi). Un tentativo che sembra voglia mutar atmosfera a quella che Iorli stava costruendo narrando le sue «cose di casa».

Sentimenti e desideri nobili, naturalmente. Rispettabili e pure encomiabili. Tutte emotività, queste, che hanno sostenuto l’audace prova di Serafino Iorli, il quale s’è ben districato, con tenerezza e simpatia, nella palude in cui è stato abbandonato dall’improvvisazione dei suoi collaboratori, i quali, credo, che non si siano resi conto che la loro negligenza è costata cara alla riuscita della performance. Bisogna avere il coraggio di mettere da parte sia l’indiscutibile affetto di un figlio verso sua madre, sia l’ammirazione dei più affezionati sostenitori di Serafino, che al termine hanno applaudito con solidale entusiasmo, per riuscire a focalizzare con obbiettività quel che è accaduto in palcoscenico.

È triste vedere un uomo abbandonato sul palco, davanti al pubblico, costretto a invocare l’accensione delle luci perché rimasto al buio, a correggere gli interventi musicali, a chiedere la corretta successione delle immagini proiettate sul fondale. Non è così che si omaggia pubblicamente una mamma. Per fortuna Iorli ha incassato bene i colpi che riceveva dai suoi collaboratori, sorretto soprattutto dall’energia infinita della sua ironia. Non si è mai perso d’animo, riuscendo a ricavare dagli errori degli altri un pretesto per sorridere insieme. Dunque bravo Iorli, ma fino a un certo punto: perché anche il misero arredamento scenico è parso in stile con l’andamento dello spettacolo. E di questo il nostro protagonista ne era a conoscenza.

Comunque dire bravo a chi ha tentato di salvare il suo stesso spettacolo, non equivale a promuovere un’operazione che ha il sapore dell’improvvisata; e nel nome del regista (Mariano Lamberti) possiamo individuare il responsabile principale di una catastrofe che non si deve mai più ripetere. Gli attori in scena vanno protetti. Sempre. (fn)
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Mammoletta di Federica Tuzi e Serafino Iorli. Con Serafino Iorli. Regia di Mariano Lamberti

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