27 marzo 2024

«La sparanoia» di Niccolò Fettarappa

26 marzo 2024

QUANDO LA POLITICA È MORTA, MUORE ANCHE LA SATIRA POLITICA

Qualcuno – non ricordo chi – un po’ di tempo fa mi esortò a prendere atto del teatro di Niccolò Fettarappa, vincitore di svariati premi. Così quest’anno, adocchiato il suo nome in cartellone al Vascello, non me lo sono lasciato sfuggire. Ancora nel foyer, in attesa di prender posto in sala, scorrendo la locandina, ho preso atto – anche – che si può scrivere un testo per il palcoscenico avvalendosi del «contributo intellettuale» di un altro intelletto.

M’è subito tornato alla mente quel simpatico episodio che vide protagonista Pelos La Capria, fratello maggiore di Raffaele. Bisogna, però, prima ricordare che in molti racconti di La Capria, nei personaggi più stravaganti che l’autore descriveva, era spesso nascosto l’animo goliardico e bizzarro di Pelos. Il quale, quel giorno, mentre sorseggiava tranquillamente una bevanda seduto al Gran Caffè, in piazzetta a Capri, uno dei tanti scocciatori gli chiese: «Dove sta Duddù?». E lui: «A casa», e con le dita mimò il gesto di colui che batte i tasti di una macchina da scrivere. L’altro rincalzò: «Tuo fratello scrive sempre, e tu…», a sottintendere che lui se la spassava al bar. E Pelos serafico: «Io detto». Più o meno, alla stessa maniera, ho immaginato il modus con il quale Christian Raimo trasmetteva il «contributo intellettuale» al Fettarappa. Dalla spiaggia di Capalbio, però!

Adeguandomi quindi all’intellettualità dell’opera che m’accingevo a vedere, mi sono soffermato soprattutto sul titolo: La sparanoia. Ossia, una noia sparata dal palcoscenico; oppure una noia vista come festosi fuochi artificiali; o, come credo voglia far intendere il sottotitolo, «atto unico senza feriti gravi purtroppo», armi caricate a noia, cioè parole annoiate. Detta così, però, non suona giusta: banalmente sembra il leit-motiv di Sandra Mondaini che sbuffa: «Che barba, che noia». No, c’è qualcosa di più intellettuale, altrimenti avremmo tutti approfittato di un contributo inutile! Occorre prima di tutto capirsi bene sulla parola noia, che non è ciò che è contrario al divertimento, come molti interpretano, ma – come insegna Moravia che di noia se ne intendeva – ciò che è inadeguato alla realtà presente: motivo per cui non cattura l’attenzione dell’intelletto, ma esclusivamente quello del diletto.

In effetti l’intera galoppata della coppia Niccolò Fettarappa e Lorenzo Guerrieri gira intorno a questa frenetica noia, incapace di persuadere della sua effettiva esistenza il senso etico e civile degli spettatori, ma pronto a catturarne soltanto il ludico appagamento. Il duo, infatti, pur sfoderando un’abilissima intesa, dà vita, più che a un atto unico, a una serie di quadri nei quali esprime, o tenta di esprimere il disagio sociale del cittadino al cospetto delle tante delusioni che ha dovuto ingoiare negli ultimi trent’anni; forse di più, visto che si parla anche della lotta di classe. In rassegna – a velocità quasi supersonica – passano, sotto il titolo «Siamo nella merda» che segue la sigla d’apertura del telegiornale, i principali argomenti d’attualità: dalla violenza delle forze dell’ordine alla riforma della polizia, dai manganelli alle tasse, dall’emergenza casa alle perentorie ordinanze del sindaco… insomma, sembra di assistere a un isterico e sarcastico notiziario televisivo, con divertenti battute di spirito.

Il punto che ci riporta alla noia, però, è il sapore antico dell’intera operazione. Fettarappa e Guerrieri, impetuosi nella loro generosa valanga canzonatoria, fanno – né più né meno – della satira politica. Ed è proprio questo genere di umorismo che suscita noia, mostrando cioè quella inadeguatezza alla realtà presente. Per fare della satira politica occorre un Paese in cui la politica sia viva e vegeta e coinvolga i cittadini nel bene e male (com’era negli anni Sessanta o Settanta). Oggi, non soltanto la sinistra è morta (come insistono le battute del Fettarappa), ma l’intera vita politica non c’è più. La politica è morta perché non ha più la forza di coinvolgimento, tanto che i cittadini si sono completamente distaccati da quella solenne Partecipazione solidale cantata da Giorgio Gaber in una famosa ballata.

L’ironia, il sarcasmo di Fettarappa, il suo entusiasmo di rivolta nascono già ricordi di un tempo in cui Alighiero Noschese, Dario Fo, fino a Roberto Benigni (e tanti altri) hanno esercitato questo tipo di contestazione civile. Lo sforzo degli attori in scena, pur se apprezzabile, di voler riproporre barricate e rivoluzioni si arena quasi sulla linea di partenza perché siamo ormai tutti uguali a quel Fidel che preferisce la ricchezza e le comodità di Miami alla miseria e alla precarietà di Cuba. (fn)
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La sparanoia, atto unico senza feriti gravi purtroppo di Niccolò Fettarappa, con il contributo intellettuale di Christian Raimo. Diretto e interpretato da Niccolò Fettarappa e Lorenzo Guerrieri

Foto: Niccolò Fettarappa e Lorenzo Guerrieri (© ???)


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