01 marzo 2024

«Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello», alla Sala Umberto

29 febbraio 2024

A TEATRO CI VUOLE L’AUTORE!

Pirandello ci avvertì per tempo: «Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai!», lo scrisse proprio nel dramma dei Sei personaggi spiegando bene il concetto: «Come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro». Michele Sinisi certamente avrà dentro di sé un suo mondo e, per raccontarcelo, userà parole nelle quali metterà il senso e il valore delle cose come sono nel suo mondo; mentre io, inevitabilmente, le assumerò col senso e col valore che hanno per me. Solo così potrei spiegarmi il motivo per cui durante la sua sperimentazione dei Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello (laddove il nome di cotanto autore fa parte del titolo dell’operazione) non ci siamo intesi. Peccato, però, perché le parole di Pirandello, qualche anno fa, io le avevo comprese. Oggi, purtroppo, attraverso il senso che ne vuol dare Sinisi, no, non le ho capite più: e non so se sia colpa dell’età!

Benché non sia mai stata una delle opere più semplici da decifrare, studiando il testo, avevo recuperato, in tanta folgorante «pazzia», qualche certezza: Pirandello immagina una platea vuota, per esempio; propone un modello di finzione attraverso una rappresentazione in prova (Leone Gala che sbatte le uova), a cui contrappone prima la mutabile realtà del Capocomico e poi l’immutabile realtà dei personaggi; e altre quisquilie che non sto qui ad elencare.

Ebbene, Michele Sinisi – credo – dev’essersi illuminato quando il Padre dice agli attori che, appunto, la «pazzia è pur l’unica ragione del loro mestiere… Far parer vero quello che non è… per giuoco…» Soltanto l’idea di un gioco può giustificare una simile «pazzia». Tuttavia, la Figliastra, più avanti, puntualizza che il palcoscenico «è un luogo dove si giuoca a far sul serio». Mi viene un dubbio: Sinisi si è dimenticato di giocare seriamente, o tenta di raggiungere un’adeguata serietà a tempo praticamente scaduto?

Il divertissement sinisiano comincia con qualche minuto di puro cabaret con il comico che intrattiene sia il pubblico (che stavolta è previsto in sala), sia gli attori con indiavolate boutade: simpatiche sì, ma che con Pirandello… Mah!

Per lungo tempo in scena trionfa una scarpa, tipo Superga, di dimensioni gigantesche: curiosa sì, ma che con Pirandello… Mah!

Sul fondo uno schermo collegato a un computer riproduce immagini di vario genere che giungono dal web: innovative, sì, ma che con Pirandello… Mah!

A un certo punto Sinisi confessa apertamente di non essere un autore. La notizia, al momento, non ci impressiona, perché Pirandello, invece, lo è! E questo ci rassicura.

Improvvisamente, però, l’attore che interpreta il Capocomico, e che nell’originale rappresenta il regista che dà indicazioni ai suoi attori, viene rimproverato da Sinisi esattamente come un regista fa con un attore. Allora il piano pirandelliano si sdoppia ancor prima dell’ingresso dei personaggi: la mutabile realtà del Capocomico diventa anch’essa finzione, esattamente come quella degli attori che recitano la commedia in prova.

Entrano finalmente i sei personaggi, che però sono soltanto quattro: Padre, Madre, Figliastra e Figlio (mancano i due bambini: è vero, anche Pirandello dice che sono un impaccio in scena!). Comincia la vera commedia e il bel linguaggio pirandelliano, quello a cui ci siamo abbeverati per anni per imparare a parlare meglio e a scrivere in un idioma comprensibile, se ne va in cantina. Le battute, tutte, buttate via, ché non si capisce nulla; frasi che si accavallano; toni inenarrabili; il Padre che ripete parole a memoria come fossero parte d’uno scioglilingua; la Figliastra che raggiunge pericolose vette d’isterismo, tanto che sullo schermo qualcuno, volendo suggerire un rimedio, scrive la parola «Xanax?»; la Madre che inaspettatamente viene interrotta dal Sinisi e invitata a ripetere la battuta con altro tono e secondo nuove indicazioni. Ma come! Allora, in questo gioco poco serio, pardon, in questa subliminale sperimentazione anche i personaggi sono attori che fingono? E se tutto è finzione, la realtà dov’è? Dov’è la contrapposizione che ha spinto Pirandello a scrivere i «Sei personaggi in cerca d’autore»?

Dico che Pirandello, per scrivere la sua opera, un’idea l’ha avuta. Sinisi che non è un autore – l’ha detto lui – per riscrivere l’opera di Pirandello, che idea propone? E perché non vuole chiarirla? Evidentemente anche la Prima attrice la pensa come me, e come tanti altri, perché di fronte a tanta spudorata incomprensione esplode di rabbia maledicendo le sperimentazioni teatrali e abbandona la platea strappando il primo applauso del pubblico. Ma siccome anche lei rientra nel gioco della finzione, anche il mio pensiero, e quello di tutti coloro che hanno applaudito, secondo Sinisi, è finzione. Ma non è finto il caffè con il quale la signora torna in palcoscenico, mentre la Madre studia una posizione imitando l’immagine dell’Addolorata proiettata sullo schermo.

E quando il Padre, che ovviamente recita senza seguire una logica letteraria, si perde (così come il pubblico in sala nel seguirlo) nelle pericolose paludi pirandelliane, ecco che un attore della compagnia prende il suo posto pronunciando le battute dell’altro. Capite, signori: un attore che suggerisce le battute a un personaggio che personaggio però non è; un vero rompicapo, rimasto irrisolto. In questo modo, caro Sinisi, non ci intenderemo mai.

Al grido di «Sipario, sipario», la tela si chiude e una chanteuse con le rose rosse in capo canta una canzone, spagnoleggiante, durante la quale vengono pronunciate le battute di Madama Pace: «Viejito, cià! Viejito, linda; ma mejor para ti: ché se no te dà gusto, te porta prudencia». Al riaprirsi del sipario la strega Ursula (quella della Sirenetta del cartoon) rifà il verso alla vecchia megera, mentre dalla platea giungono due ospiti d’onore (che ogni sera saranno differenti). Costoro si spacciano per autentici personaggi e conquistano il palcoscenico per rappresentare la famosa scena nel retrobottega di Madama Pace. (A proposito, qualcuno faccia sapere a Luca Barbarossa che abbiamo avuto un’esclusiva: assistere all’unico momento serio che Andrea Perroni ha riservato a una platea di ascoltatori). I due tentano di eseguire seriamente, loro sì, l’incestuoso incontro, tuttavia, il delicato «Me n’avrei a male» del Padre diventa «… così, me ce fai rimane’ male!» di Perroni.

In conclusione, tra una suggestiva visione di Sabrina Salerno in bikini al meglio delle sue forme, e una improvvida telefonata (in viva voce) a un amico da parte del comico, Sinisi chiosa con una frase che porta la sua firma: «I bambini giocano sempre, anche sotto le macerie». Quindi una fotografia di una bambina annegata in piscina e un colpo di pistola simulano la tragedia finale. Dopodiché si passa alla «truffa» di pessimo gusto delle urla delle madri (straziate per la morte di un figlio) rinchiuse in un barattolo, come quando gli scugnizzi di Mergellina rifilavano ai turisti l’aria di Napoli, compressa in un’ampolla di vetro. E Pirandello? Mah!

PS: Se nelle intenzioni di Sinisi c’era quella di voler prendere a pretesto una commedia di Pirandello per farne una recita a soggetto… ricordiamocelo, Pirandello già l’ha fatta. Seriamente però, perché «a teatro ci vuole l’autore». (fn)
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Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, drammaturgia Francesco Asselta e Michele Sinisi. Con Stefano Braschi, Marco Caccola, Gianni D’Addario, Sara Drago, Marisa Grimaldo, Marco Ripoldi, Stefania Medri, Donato Paternoster, Michele Sinisi, Adele Tirante, Nicolò Valandro. Scene, Federico Biancalami. Regia, Michele Sinisi. Coproduzione Elsinor Cpt e Viola produzioni

Foto © Luca Del Pia


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