05 marzo 2025

«Pietro Orlandi, fratello» di Giovanni Franci

Roma, Off/Off Theatre
4 marzo 2025

«SE LE PORTAVA A LETTO»

Quando uno spettacolo teatrale è in prova, il regista può tranquillamente fermare gli attori e dire: «Scusate, non ho capito bene. Ripetiamo la scena, per favore». Soltanto così si può riascoltare quel breve brano che l’orecchio non è riuscito a captare perfettamente. La mancanza di questo privilegio, che spetta esclusivamente a chi dirige l’allestimento, ieri sera, s’è fatto sentire. Ma non perché l’attore avesse sbagliato o non fosse stato chiaro nella dizione, ma per il motivo sconcertante che certe frasi, certi passaggi dell’inchiesta portata avanti dalle parole di Pietro Orlandi, fratello (testo del 2023) di Emanuela, cittadina vaticana, scomparsa a 15 anni il 22 giugno 1983, avrebbero dovuto essere ripetuti, e ripetuti ancora, per gli incredibili sospetti che lanciavano all’indirizzo del Papa in persona. Fatti gravissimi e trascritti fedelmente da Giovanni Franci in quella che lui stesso chiama una stand-up tragedy.

La definizione di questo genere teatrale dice che si tratta di uno stile di performance tragica in cui un artista si esibisce di fronte al pubblico, parlandogli direttamente. Ma qui il pubblico si trova di fronte a un caso eclatante. Per la prima volta, in quarant’anni, durante i quali è stato tra i più assidui ospiti di trasmissioni televisive, Pietro Orlandi diventa personaggio, interpretato dal bravo e convincente Valerio Di Benedetto. In scena solo una sedia davanti a uno schermo e tredici lavagnette con i nomi di alcuni protagonisti coinvolti nella scomparsa di Emanuela, tra cui spiccano quelli di tre papi (Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, e Francesco), di ormai storici banchieri (Marcinkus per lo Ior e Calvi per il Banco Ambrosiano), padre George (segretario di Ratzinger), padre Re (dal 1987 segretario e dal 2000 prefetto della Congregazione per i vescovi) e tra gli altri anche quell’Enrico De Pedis che fu boss della Banda della Magliana, e Pippo Calò, «cassiere» di Cosa nostra (un «collega» di Marcinkus, ma senza portafoglio!). Personaggi che nella triste vicenda di Emanuela rappresentavano la Chiesa, la criminalità organizzata, e l’alta finanza internazionale.

Quando Emanuela Orlandi sparì nessuno poteva immaginare che dietro quel che sembrava un anomalo rapimento potesse nascondersi una storia di illeciti finanziari, di ricatti politici che potevano far crollare la Cupola e lo Ior, ma anche di pedofilia porporata o addirittura pontificia. Le rivelazioni di Pietro Orlandi sembrano alludere proprio al soglio più alto del Vaticano. «Scusate, non ho capito bene. – direbbe lo spettatore ignaro – Possiamo ripetere la scena, per favore»: talmente è forte il desiderio di riavvolgere il nastro e riascoltare la voce registrata di Marcello Neroni, mentre accusa Giovanni Paolo II di pedofilia. «Se le portava a letto…», dice il collaboratore di De Pedis, a proposito di chi è stato fatto santo nell’aprile del 2014. In verità, sono tutte notizie che si possono scrivere tranquillamene: sono già pubblicate, sono già andate in onda (le prime soffiate al riguardo sono di oltre vent’anni fa, e mai confermate), ma ascoltarle dal diretto interessato, pur se nella finzione scenica, suscita un forte sgomento. Il teatro è finzione, ma questo non è teatro, - rendiamoci conto – è una vera inchiesta, un’autentica denuncia alla figura più potente della storia. Un ottimo lavoro.

Giovanni Franci dà voce al racconto di Pietro che dal giugno 1983, da quando era ancora un ragazzo, ha cercato di rompere la strategia del silenzio di chi l’ha usato come arma per nascondere un delitto, una perversione, un «vizio». Quest’ultima è la parola pronunciata dal funzionario della gendarmeria vaticana che era stato allertato subito dopo la scomparsa di Emanuela. Molti sapevano, molti già sospettavano cosa potesse essere accaduto alla ragazza, ma nessuno ha mai parlato. «Arriva un momento che la pazienza smette di essere una virtù». E Pietro ripete con ossessione: «Io non lo so, ma io ho le prove». Sembra vero: tutti gli episodi raccontati conducono a una stessa verità, ma le prove sono purtroppo inafferrabili e la verità resta astratta. L’unica che si potrebbe ipotizzare è che Emanuela Orlandi è stata vittima di un complotto internazionale molto più grande di lei che divenne, per un caso sventurato, l’oggetto di un ricatto tra la mafia, la finanza, la Chiesa fino a Solidarnosc.

Pietro Orlandi, da quarantadue anni è alla ricerca della verità e, a lui, Franci dedica in apertura una citazione di Dostoevskij: «Chiunque è alla ricerca della verità è sempre spaventevolmente forte». Oggi Pietro ha sei figli, chiamati tutti con nomi che non fanno parte del calendario dei santi. «Ai santi non ci credo più». (fn)

PS: durante lo spettacolo si è parlato spesso di personaggi che rappresentavano il braccio destro di qualcuno; ebbene, anche Pietro Orlandi in tutti questi anni ha avuto un suo braccio destro che vorrei ricordare con stima e affetto: Andrea Purgatori, giornalista eccelso, il quale più di chiunque altro s’è impegnato a raccontare passo dopo passo la cronaca di questa indecifrabile vicenda.
____________________
Pietro Orlandi, fratello, scritto e diretto da Giovanni Franci. Con Valerio Di Benedetto. Direzione tecnica, Umberto Fiore. Elaborazione digitale Nuvole Rapide. All’Off/Off Theatre, fino al 6 marzo

Foto: Valerio Di Benedetto (© ???)

Pour vous