02 marzo 2025

«Per amore dell’amore» di Caroline Pagani

Roma, Auditorium,
Teatro Studio Borgna
1° marzo 2025

RICORDO DI HERBERT PAGANI, POETA DELLA «NUMERO TRE»

«Io lavoro al bar di un albergo a ore, porto su il caffè a chi fa l’amore». In quella stanza «numero tre» di un Albergo a ore non meglio identificato, si amò una delle coppie destinate a diventare tra le più famose del mondo, ma i loro nomi nessuno li ha mai scoperti. Sono immortalati nei versi di Herbert Pagani che nel 1969 immaginò, con parole scritte sulla musica di Marguerite Monnot, l’incontro segreto di due amanti che hanno fatto della loro ultima notte un inno straziante per gli innamorati clandestini. Per l’amore dell’amore è il titolo dello spettacolo che la «sorellina Caroline» regala alla memoria del «suo fratellone Herbert», scomparso nel 1988 a soli 44 anni.

Amore, quindi, come necessità di vita come portatore di pace, ma anche e soprattutto un grande amore per il fratello. Artista poliedrico e ribelle, Pagani ha abbracciato con passione, oltre alla musica come cantautore, anche il disegno, la pittura e la scultura, inoltre ancora oggi è ricordato come una delle voci storiche di Radio Monte Carlo, emittente con la quale intratteneva gli ascoltatori con programmi musicali, intervallati da ragionamenti e considerazioni, già all’epoca, sul degrado ambientale e sul conflitto israelo-palestinese. Importante, infatti, fu il suo impegno sociale per l’ecologia e per la pace nel mondo, attività per le quali fu insignito dell’Ambrogino d’oro.

Caroline Pagani ha pensato, per l’omaggio al fratello, un ricordo denso di emozioni e di arti, di parole e di colori, in una rappresentazione multimediale. Lo spettacolo, andato in scena all’Auditorium in un’unica serata, ha un sottotitolo eloquente: Herbert Pagani: Musica, Poesia, Arti visive «perché lui era tutto questo». Ce lo racconta partendo dai giochi d’infanzia (che sono lì, in proscenio, accatastati in due contenitori), per associare, in una dolcissima polemica, l’assuefazione dei bambini alla plastica, materia da cui soltanto oggi stiamo cominciando a prendere le distanze. «Ma Herbert aveva già capito che sarebbe stata dannosa per tutti e difficile da eliminare». Le sculture di Pagani sono proiettate su uno schermo e mostrano l’artista all’opera, mentre la sorella rivela che lui amava raccogliere i detriti sulla spiaggia che «la golosità del mare aveva trasformato in caramelle opalescenti». Il suo estro avrebbe pensato poi ad adattarli per dargli forma sia di semplici oggetti che di manufatti più imponenti, i quali potevano far parte di un progetto che comprendeva poesie, canzoni e disegni. Come accadde per le visioni di Venezia e di Milano. Emblematica l’immagine del Duomo sospeso in volo su una foglia d’autunno.

Era ossessionato dalla solitudine, Herbert, e con un Cupolone soffocato dai grattacieli ha voluto mostrare il contrasto tra l’antico mondo, sede di scambi culturali, stritolato dalle moderne cattedrali dell’isolamento che vedeva come «dormitori verticali». Era un ribelle per natura, o forse per missione, «cantava con la matita e disegnava con la voce». Immagini e parole, musica e colori si avvicendano in palcoscenico creando sempre una fusione logica basata sul sentimento d’amore, che esprimeva con un linguaggio universale: «Aveva inventato un esperanto con l’arte del disegno per abbattere le barriere sollevate dalla diversità dei linguaggi.» Era un modo per invitare le persone a dialogare: «La gente non si parla più abbastanza: prendetevi mezz’ora di vacanza», scrive Herbert, sperando che la parola avesse potuto compiere il miracolo.

Nelle canzoni non c’è solo poesia, ma sana ribellione, quella che per molti anni in Italia è stata censurata dalla cattiva gestione della libertà. Così molti suoi testi non furono mai cantati, i suoi articoli non furono mai pubblicati, sue lettere rimasero inevase, e i suoi appelli inascoltati. «Cantare la rivoluzione è diventato commerciale», frase che sarebbe potuto diventare uno slogan assai pericoloso. Caroline Pagani legge una missiva spedita a Ingmar Berman che è un florilegio di gratitudine per l’alto spirito artistico dei suoi film; e c’è una commovente lettera al figlio in cui usa imperativi per rendere più impellenti certi consigli: «Rompi le scatole al mondo … Non devi per forza produrre per giustificare la tua esistenza». Parole sante e sempre controcorrente.

In scena, c’è anche il pianista Giuseppe Di Benedetto, che nel momento culminante suona l’introduzione e se ne va, lasciando Caroline sola con le parole più famose da declamare: «Io lavoro al bar di un albergo a ore, porto su il caffè a chi fa l’amore». Anche in questa canzone che potrebbe essere un epitaffio all’amore, Herbert è riuscito a cantare l’impossibilità d’amarsi liberamente in un mondo che non capisce cosa sia l’amore e a cosa serve. Eppure, proprio lui, è cresciuto nella mancanza d’amore – sono confidenze pubbliche della sorella – vivendo nella maniera più dolorosa la separazione dei genitori, quando un figlio viene sballottato da una parte e dall’altra, avvertendo costantemente un senso di tradimento: tradisco papà per mamma, tradisco mamma per papà. Se è vero che l’arte rivela l’animo di un artista, si intuisce che Herbert Pagani, un poeta, un cantautore, uno scultore, un pittore, un ribelle incompreso, nato in Libia, ma italiano e poi anche francese, ebreo d’origine, era «solo che più solo non si può». Grazie a Caroline per avercelo fatto conoscere un po’ di più. (fn)
____________________
Per amore dell’amore. Herbert Pagani: Musica, Poesia, Arti visive, di e con Caroline Pagani. Al pianoforte, Giuseppe Di Benedetto. Arrangiamenti musicali, Alessandro Nidi. Preparazione vocale, Francesca Della Monica. Immagini e video, Luca Pili, Flavio Brunelli e VideoEst. Luci e direzione di scena Giulia Bornacin. All’Auditorium, Parco della musica, Teatro Studio Borgna, il 1° marzo (serata unica)

Foto: Caroline Pagani (© Grazia Menna)

Pour vous