02 febbraio 2025

«Settantuno*» di Provenzano e Pisani

Centro Culturale Artemia
1° febbraio 2025

FLAVIO: «MEIN KAMPF» E ZUPPA DI LATTE (CON LA PELLICINA SOPRA)

È un piacere passare una serata, in completo relax, nel salotto di Maria Paola Canepa: se non fosse un po’ distante da casa ci andrei molto più spesso, sapendo di non saltare nemmeno il quotidiano appuntamento teatrale. Con un buon bicchiere di vino si incontrano anche i protagonisti dello spettacolo e insieme si chiacchiera. Nello Provenzano e Riccardo Pisani vengono da Napoli e portano a Roma, sulla Portuense, un testo assai curioso e scioccante. Leggo il titolo: Settantuno, ma seguito da un asterisco che segnala la spiegazione. Mi volto, incrociando lo sguardo del regista, e sorrido. Intuisce che conosco il linguaggio della smorfia napoletana e che il numero corrisponde a l’ommo ‘e mmerda. L’asterisco in locandina, infatti, rimanda all’esegesi tradotta in lingua: l’uomo di… be’ non dovrebbe essere difficile nemmeno per uno svizzero!

Definizione che non lascia scampo all’animo infimo e al carattere spregevole del protagonista del monologo che ci apprestiamo ad ascoltare. Settantuno, che in scena si chiama Flavio, anzi Flaviano, è un ometto con una doppia vita. Triste impiegato pubblico, in giacca, parrucca e quarant’anni sulle spalle, e poi, barricato nella sua stanza (co’ mammà che gli prepara ancora ‘a zuppa ‘e latte con la pellicina sopra) diventa il concentrato di tutti i fascismi possibili e immaginabili. In lui sono confluite le intolleranze più feroci: etniche e di genere. Razzismo e omofobia si esasperano fondendosi nell’infelicità di un uomo che conduce una vita all’insegna dell’odio. La sua bibbia è Mein Kampf, il cui autore è definito «un genio, un visionario», ma le sue letture approfondiscono anche Vannacci, «Generale, mio generale!». Il suo vocabolario comprende, nell’accezione più offensiva, tutte quelle parole che oggi sono messe all’indice dalle regole del bon ton aggiornato al politicamente corretto. Il suo motto è «il razzismo non è un problema ma è la giustizia». Il balcone (non poteva mancare!) della sua camera affaccia su una strada di un quartiere affollato da «bongo bongo» e da «quei cosi gialli». Insomma, il saluto romano è la sua espressione più sobria. Questo, e tanto altro sullo stesso tema, è quel che ci offre il palcoscenico.

In vino veritas! Per capire, però, quali siano le vere intenzioni di Provenzano e Pisani occorre fare un passo indietro e tornare alla nostra chiacchierata, e al bicchiere di vino. «Il testo, in verità, non lo abbiamo scritto noi – confessa Riccardo – Noi abbiamo cercato soltanto di sistemare le battute in modo da costruire un personaggio e fargli vivere il tempo di una giornata modello: dargli l’opportunità di mostrare se stesso nella clausura della sua stanza, regalargli l’occasione di poter sfogare le sue frustrazioni, la sua infelicità, la sua rabbia, il suo odio che lui vede come unica soluzione ai problemi sociali. Le battute sono state prese, integre, dai social. Sono frasi scritte da gente comune che, coperta dall’anonimato del web, frequenta pagine dedicate al razzismo, all’intolleranza, all’odio verso il prossimo».

Pagine di una violenza inaudita, di una stupidità abnorme, tuttavia pagine che sono diventate archivio di intolleranze e di veleno. «Esatto. E dove tutto è autentico. Noi non abbiamo inventato nulla. Abbiamo preso i pensieri scritti, lasciati lì come discussioni di elevata qualità intellettuale e di giustizia sociale, e li abbiamo sistemati sul nostro copione seguendo la logica del personaggio che ci siamo immaginati». Ed è nato Flavio: svastica stampata sul cranio, catena al collo che regge l’aquila imperiale, un balcone dal quale affacciarsi e sputare odio sui passanti. Il personaggio è inventato, ma ogni parola che pronuncia proviene dalla tastiera di un anonimo temerario. Un fascista, o qualcosa di simile.

Al termine dello spettacolo, mentre il pubblico fatica a digerire quel che ha ascoltato, passano in un video, come fossero titoli di coda, le immagini delle frasi fotografate sulle pagine internet: è la firma dello spettacolo. E se il web siamo noi, quella firma è anche nostra, o dell’insospettabile vicino. Ci conforta il volto di Nello che, dismessi i panni di Flavio, avverte tutto il disagio di quel che ha detto il suo personaggio: un uomo davvero spregevole. «No. N’ommo ‘e mmerda!». (fn)
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Settantuno* (L’uomo di merda), di Nello Provenzano e Riccardo Pisani. Con Nello Provenzano. Voce fuori campo, Simona Pipolo. Disegno luci, Gaetano Battista. Contributi foto e video, Luca Scarpati. Regia di Riccardo Pisani. Produzione Contestualmente Teatro, con il sostegno del Nuovo Teatro Sanità. Al Centro Culturale Artemia, ancora oggi (h. 18.00) 

Foto: Nello Provenzano mascherato da Settantuno (© Luca Scarpati)

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