IL FRIGORIFERO CHE TUTTI VORREMMO AVERE
Certi spettacoli possono anche non passare sotto l’osservazione della critica. In verità, sarebbe magnifico che non passassero nemmeno sotto i riflettori di un palcoscenico, ma siccome ci sta chi li scrive, siccome esistono attori che li interpretano, un teatro che li accoglie e un pubblico che li va a vedere, è bene che il cerchio si chiuda e che anche il critico affondi le mani laddove a volte sarebbe meglio evitare. È stato proprio il titolo, La ciliegina sulla torta, così poco entusiasmante, così banale, così d’uso comune, ad attirarmi in questo perverso circuito autolesionistico, e, quando una cara amica mi ha chiesto di accompagnarla al Manzoni, non mi sono opposto, e ho pensato che it’s a dirty job but someone has to do it, è uno sporco mestiere ma qualcuno deve pur farlo.
E se qualcuno deve farlo, è bene che lo faccia con criterio e coscienza. Sì, perché quando mi sono seduto alla scrivania, essendo stato rapito durante lo spettacolo soltanto dalla infallibile funzionalità di un frigorifero rosso (un po’ eccentrico, quantunque ampio e vistoso), un frigorifero che tutti vorremmo in cucina, pronto a soddisfare ogni esigenza culinaria e non, mi sono fatto un giro sul web per trovare spunti più accattivanti per iniziare a scrivere la mia recensione. E ne ho trovati a bizzeffe! Un critico scrive: «La ciliegina sulla torta è uno spettacolo divertente e piccante, allegro ma mai spensierato, perché i quattro protagonisti sono colti sempre sull’orlo di una crisi di nervi». Un altro propone: «La ciliegina sulla torta è una commedia divertente e uno spettacolo allegro, ma non spensierato perché i protagonisti sono sempre sull’orlo di una crisi di nervi». Toh, sembrano essersi copiati l’uno con l’altro: forse nemmeno loro sapevano da che parte cominciare. Così invece un terzo: «La ciliegina sulla torta è un balletto violento e mirabile, vero e divertente. Profondamente fictionale [da fiction, suppongo, ndr] e inquietantemente reale... è impegno e voluttà... è gioia incredibile e gioia lancinante...». Pare addirittura abbia visto un altro spettacolo!
È davvero fantastico come certi critici possano sottovalutare la professionalità di un frigorifero. Addirittura ce n’è uno che dà prova di non aver capito nemmeno il titolo: «La ciliegina sulla torta del titolo è Cherry», scrive, ossia la fidanzata del giovane Tommaso che rientra dagli Stati Uniti accompagnato da una donna un po’ âgé, quantunque appetitosa, da presentare ai genitori: eh no, caro collega, la ciliegina sulla torta arriva al finale, le grand coup de théâtre che l’autore riserva per dare una sferzata di originalità alla sua opera decadente; frigorifero a parte.
Sia chiaro, a chiunque può capitare di sbagliare commedia, o di scrivere un copione deputato all’insuccesso, comico e intellettuale, ma dimenticarsi poi di fare una regia, mi sembra una mancanza esiziale. Avere a disposizione un palcoscenico con un’apertura di circa 15 metri (com’è quello del Manzoni) e usarne soltanto 10, lasciando un abbondante fetta di palco nel buio e nell’abbandono, e caricare tutto sulle spalle del frigorifero, mi sembra crudele, soprattutto per il povero elettrodomestico, violentato, sbattuto, stuprato dagli impeti ardenti di una madre di famiglia, impegnata in un’inarrestabile ascesa professionale.
Foto: Edy Angelillo in un momento di «intimità» con il frigorifero (© ???)