19 febbraio 2025

«Il ministero della solitudine», di “lacasadargilla”




Roma, Teatro Vascello
18 febbraio 2025

IL PALCOSCENICO NON S’ADDICE
ALLA SOLITUDINE

Il teatro è stato nei millenni sempre un valido specchio dell’umanità, riflettendo in ogni periodo i personaggi che l’hanno caratterizzata. E se nei tempi antichi, greci e romani, grazie alla commedia, sono riusciti a rappresentare i tipi comuni più risibili, più viziosi e più perfidi, e a renderli eterni tanto da essere poi riproposti aggiornati in epoche successive da altri autori straordinari, quando, nel secolo scorso, s’è tentato di dar voce ai silenzi delle solitudini sono stati pochissimi coloro che sono riusciti a tradurre per la scena i drammi sociali causati dall’isolamento coatto e dall’incomunicabilità. Due argomenti che con il teatro – per usare un modo di dire abbastanza esplicativo – fanno a cazzotti. Beckett, Cocteau e pochi altri trovarono un loro stile per arginare il problema, perché la comunicazione diretta è alla base del sistema teatro; idem, per ovviare alle difficoltà rappresentative del romitaggio degli esseri umani e della loro segregazione, un male che purtroppo oggi abbrutisce il mondo intero.

Un malessere che si è tragicamente espanso in quest’ultimo ventennio e che, in Gran Bretagna, il governo di Theresa May prese in seria considerazione, tanto da istituire il primo Ministero della Solitudine, a capo del quale fu nominato un ministro che evidentemente vantava una certa esperienza in materia e anche un invidiabile curriculum! Da questa vicenda che qualche anno fa coinvolse anche la politica europea – un po’ paradossale e pertanto molto teatrale – la compagnia lacasadargilla ha ideato un copione «capace di operare con linguaggi e dispositivi narrativi intorno ai desideri, ai rimossi e alle immaginazioni di un’epoca che sempre più̀ richiede di ragionare con cura sulle comunità̀ dei viventi»: è quel che si legge nelle note «dodecafoniche» che accompagnano lo spettacolo.

Gli autori (Caterina Carpio, Tania Garribba, Emiliano Masala, Giulia Mazzarino e Francesco Villano, che poi sono coloro che sul palcoscenico danno vita ai disagi dei loro personaggi) intraprendono un percorso intellettivo assai interessante e denso di contenuti: «Guardate come vi siete ridotti», sembrano dire mostrandoci le nostre emarginazioni, rifacendo il verso ai nostri soliloqui, sottolineando i silenzi che ci accompagnano anche in gita per un pic-nic, caratterizzando fisime, atteggiamenti, follie e timori oggi molto diffusi. Così, per immagini più che per discorsi, descrivono varie tipologie dell’eremita del XXI secolo: c’è Primo, addetto alla pulizia dei social, che censura tutte le frasi oltraggiose o le foto considerate oscene, il quale vive assorto tra pixel e gigabyte e per compagna accudisce una bambola gonfiabile; c’è poi Alma, poetessa inespressa, dalle prelibate qualità canore, che disperde sogni in quantità; c’è Teresa, la scrittrice, che sta per pubblicare un romanzo autobiografico; c’è F. apicultore sfortunato e ossessionato dalla fine del mondo; e c’è Simone (alla francese), segretaria del ministero, telefonista di professione che in pratica non fa altro che annunciare pubblicamente l’inefficienza del dicastero (e ne denuncia anche la stupidità). Infine, al centro, c’è un prisma a tre lati, che ruota mostrando vari distributori automatici di solitudini: dalle bevande più conosciute alla frutta (soprattutto ananas), macchinari e frigoriferi che evitano di dover ricorrere al negoziante per paura di dover comunicare e magari scambiare un sorriso che significherebbe personalità, passione, emancipazione.

Stabilito, dunque, il numero dei personaggi abulici e definito il dramma per ciascuno di essi, be’, teatralmente occorre qualcosa che dia vita a queste solitudini malate, le quali, benché interessanti e anche accattivanti, restano alquanto restie al rapporto col prossimo e ripetono e ripetono e ripetono. Un ottimo spunto per una realizzazione riuscita a metà: la ripetitività delle situazioni, la riaffermazione dei soliloqui, dopo qualche minuto, ripete, e poi ripete e poi ripete ancora. Insomma, tutto quel che si doveva capire lo si è compreso nel primo quarto d’ora; dopodiché (lo spettacolo supera i 90’) s’è colta qualche sfumatura in più sul rapporto tra Primo e la sua bambola; ci si è applicati maggiormente sull’apicoltura di F; fino a quando, a un certo punto, finalmente, due personaggi, F. e Teresa, sono entrati a contatto, e hanno scambiato qualche parola; il miracolo è avvenuto anche per F. con Primo, in ben due occasioni simpatiche ed efficaci. Perché gli attori son tutti bravi e perfettamente calati nel ruolo.

Ebbene, siccome la materia analizzata è senza dubbio stimolante, appena la scintilla del dialogo è scoccata, il palcoscenico s’è illuminato con la vita dei personaggi, come se avessero preso improvvisa consistenza dal rapporto con l’altro. I loro drammi hanno investito la platea con ironia e leggerezza. Subito la vivacità dell’opera, che fino a quell’istante era stata compressa dall’evoluzione di sterili teorie e nascosta dalla rappresentazione di concetti travestiti da monologhi senza vigore, si è materializzata in un duetto emotivo, in uno scambio di solitudini realmente vissute e non più codificate da anime inquiete e vaganti, senza itinerario, che per lungo tempo hanno soltanto trasportato il peso del proprio malessere senza mai scaraventarlo sul pubblico. Quando in palcoscenico manca l’azione, quando manca una passione coinvolgente, quando manca una storia, gli spettatori restano estranei e ciascuno si chiude nella propria solitudine. Il teatro, invece, dovrebbe fare il contrario. O forse, oggi, mi sbaglio io. (fn)
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Il ministero della solitudine, uno spettacolo di lacasadargilla. Parole di Caterina Carpio, Tania Garribba, Emiliano Masala, Giulia Mazzarino, Francesco Villano. Drammaturgia, Fabrizio Sinisi. Con Caterina Carpio (Teresa), Tania Garribba (Simone), Emiliano Masala (Primo), Giulia Mazzarino (Alma), Francesco Villano (F.). Drammaturgia del movimento, Marta Ciappina. Spazio scenico e paesaggi sonori, Alessandro Ferroni. Luci, Luigi Biondi. Costumi, Anna Missaglia. Regia, Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni. Produzione, Emilia Romagna Teatro Ert, Teatro di Roma, Teatro Metastasio di Prato, La Fabbrica dell’Attore - Teatro Vascello, in collaborazione con lacasadargilla. Al teatro Vascello, fino al 23 febbraio

Foto: da sin. Tania Garribba, Caterina Carpio, Emiliano Masala, Giulia Mazzarino, Francesco Villano (© Claudia Pajewski)

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