21 febbraio 2025

«Marshmallows» di Angela Ciaburri

Roma, Spazio Diamante
20 febbraio 2025

I TOSSICI RAPPORTI DI QUATTRO MILLENNIALS

«Qui non c’è amore», dice Desy; e un attimo dopo anche Adele chiede «Dov’è l’amore?» Marshmallows, titolo dell’opera prima di Angela Ciaburri, è un’antifrasi che indica il contrario della dolcezza di un rapporto, l’opposto della morbidezza dell’amicizia. La commedia, che prende il nome dalle caramelle gommose di zucchero, indaga sui rapporti «tra i Millennials» (scrive l’autrice), ossia tra quei ragazzi che hanno raggiunto la maggiore età a cavallo del III millennio (che è la sua generazione). In effetti, però, la Ciaburri costruisce una ragnatela ben più vasta e solida: i quattro personaggi, protagonisti di una turbolenta convivenza, infatti, rappresentano un po’ tutte le generazioni postsessantottine. D’altronde il bisogno d’affetto è necessità atavica, e la ricerca d’amore è da sempre nascita e scopo dell’esistenza di ciascuno. Soltanto le abitudini sono cambiate dopo il boom economico degli anni Cinquanta. E, in particolare, i giovani hanno cominciato a prendere confidenza con una vita indipendente soltanto dopo i movimenti sociali del 1968. Prima si lasciava la casa avita soltanto dopo il matrimonio. Per cui una convivenza, organizzata tra amici, in una stessa abitazione, è databile in qualunque momento degli ultimi cinquant’anni. Non sono, dunque, i particolari legati ai Millennials che fanno di «Marshmallows» un quadro generazionale amaro e talvolta spietato: sono sempre gli affetti che allacciano e strappano amori e amicizie di ogni tempo ed età.

L’autrice e regista segna sul palcoscenico i limiti di un ring, all’interno del quale i quattro amici misurano la loro reciproca sopportabilità. Si vogliono bene certamente. Desy e Adele sono grandi amiche. Adele e Frenk si amano. Poi c’è Jack, spirito libero, che non convive con i tre ma li frequenta con disinvolta e disordinata intimità. La cifra della regia è stabilita dalle torce elettriche che emettono fasci di luci, accecanti e concentrate, di cui ciascuno è fornito per illuminare il proprio ego e metterlo al centro di qualunque situazione fino a raggiungere l’apice di un problema che fino a un attimo prima non esisteva, cosicché, buongiorno dopo buongiorno, i legami si stringono e si annodano fino a strozzarsi l’uno con l’altro, e buonanotte. Si chiamano – il termine è relativamente recente – rapporti tossici che possono rivelarsi sia in una relazione amorosa che amichevole.

L’abilità della Ciaburri, autrice, è quella di aver saputo mostrare (e, perché no, analizzare con una certa astuzia e con un pizzico di crudeltà), con dichiarata evidenza, il rapporto più acceso e costantemente litigioso (ossia quello tra Adele e Frenk), ma con una serie di improvvisi risvolti si scopre che la tossicità ha avviluppato tutti e che il più tenacemente malato tra gli intrecci è proprio quello meno prevedibile. E guai a rivelarlo. La vita che si conduce in casa di Desy è vistosamente «scorretta» e il vizio di ciascuno non lenisce il disagio generale. Lei, aspirante cantante, ama fumare canne; Adele, aspirante scrittrice, è ossessionata dai medicinali; Frenk, rapper fallito, è responsabile in una fabbrica di marshmellow, ma manifesta una palese insoddisfazione che alimenta una crescente insofferenza; Jack, studia chitarra al conservatorio, ma di lui si sa soltanto che conduce una doppia vita: porta Desy nel cuore, ma vive un’altra relazione.

Grazie a un preciso disegno delle quattro personalità, i dialoghi si susseguono in un marcato e crescente incontro pugilistico tra vittime e carnefici, dove ognuno si alterna nel ruolo a seconda di chi ha di fronte. Accuse e rimandi sono i colpi preferiti, che naturalmente fanno crescere la tensione. Certamente le difficoltà della convivenza sono molte, e si acuiscono in mancanza di benessere economico, ma è soprattutto il peso delle responsabilità, unito ai sensi di colpa, che determina l’inevitabile e improvvido astio che fa suonare il gong per una nuova ripresa, un’altra disputa, ossia l’ennesimo colpo di spugna al sentimento. Si percepisce, violenta, la necessità di un amore che abbracci e conforti tutti e quattro i protagonisti, ma nessuno più è capace di riafferrarlo e ricucirlo, nemmeno per se stesso. L’affetto che li manteneva uniti è svanito. Il legame resta congelato nel ricordo. Le luci delle torce elettriche si concentrano sui volti che al finale sembrano gli spettri di quei personaggi che abbiamo visto all’inizio felici, mentre si preparavano a uscire insieme per andare a un concerto.

Bravi gli attori, e brava la regista che ha diretto i quattro interpreti riuscendo a creare rapporti emotivi giusti e ben dosati nell’aumentare progressivamente il livello di intensità: il lavoro più delicato era senz’altro questo. Non si può dir lo stesso per la pulizia dei movimenti e delle posizioni: un ring – come è dichiarato anche dal passo marcato ad ogni scavalcamento all’esterno – dovrebbe essere utilizzato per lo più ignorando la quarta parete; invece, troppo spesso si cerca banalmente il favore della platea, anche con situazioni in cui «i pugili» sono rivolti entrambi verso gli spettatori. Un esempio vistoso: quando al finale Desy resta sola con Jack (e sposta un tavolino), si avventura in un movimento superfluo e illogico per piazzarsi frontalmente dietro il mobile e dare le spalle a chi le sta parlando. Sarebbe più coerente che restasse appoggiata al tavolo, guardando Jack (spalle al pubblico) per poi raggiungere la seduta nell’angolo a sinistra. La platea non si offende se per un attimo non vede il viso dell’attore. Gli spettatori si conquistano con la parola e con la recitazione. Ed è alla storia e alla sua autrice, agli interpreti e al loro concertato che ieri sera abbiamo applaudito. (fn)
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Marshmallows (scendono giù che è una meraviglia), scritto e diretto da Angela Ciaburri. Con Adele Piras (Adele), Bianca Mastromonaco (Desy), Giovanni Serratore (Frenk), Lorenzo Terenzi (Jack). Supervisione artistica, Matteo Santilli. Produzione: Progetto superficie. Al teatro Spazio Diamante, fino al 23 febbraio

Foto: Adele Piras e Bianca Mastromonaco (© Pino Le Pera)

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