26 febbraio 2025

«La leggenda del santo bevitore» di Joseph Roth

Roma, Teatro India
25 febbraio 2025

«UN APPLAUSO ALMENO ALLA CARRIERA»

Sedendomi al posto indicato sul biglietto, mi son trovato accanto a una giovanissima attrice del Centro sperimentale. Nei suoi occhi ho notato tanta incantevole curiosità durante l’attesa che ha preceduto l’inizio dello spettacolo. Nel frattempo, scambiando qualche parola, mi ha confessato che era lì per ammirare Carlo Cecchi, «un attore di cui ho sempre sentito parlare, ma che non ho mai visto recitare». È bello vedere un così candido entusiasmo giovanile elettrizzarsi soltanto per un nome. «Ho anche letto il testo in questi giorni». Beata innocenza! Mi sono rivisto nell’euforia dell’adolescenza quando volevo arrivare preparato all’apertura di sipario che però mi sorprendeva sempre: ogni volta, dietro la tela rossa, si nascondeva un effetto mai immaginato in precedenza. Oggi che i sipari sono diventati una rarità anche questa magia è pressoché scomparsa. Peccato!

Non ho mai amato la recitazione di Cecchi, così distante dai canoni fascinosi dei grandi interpreti degli anni Settanta e Ottanta con cui sono cresciuto, e quando, al termine dello spettacolo di ieri sera, ho notato che l’entusiasmo negli occhi della giovane vicina s’era asciugato, lasciando spazio a uno sguardo più attonito, ho capito che un’altra delusione era stata inferta. «Non credevo fosse un’operazione in forma di lettura», ha esclamato la ragazza con timido stupore che nascondeva ben altra insoddisfazione. Le ho chiesto se avesse compreso tutto, visto che la drammaturgia era assente e che la dizione di Cecchi era parsa piuttosto confusa. Mi ha sorriso benevolmente, ricordandomi di aver da poco letto il testo. Ah, già, lei s’era avvantaggiata! E certamente non per mancanza di fiducia nei confronti dell’attore che ancora non conosceva. Invece, nonostante i microfoni, il cronista era costretto ad annotare che la lettura della Leggenda del santo bevitore si trascinava con voce impastata tra una storpiatura e una malinconia, tra varie imprecisioni e qualche licenza troppo rilassata.

Il recensore, per rispetto, quindi, ora fa un passo indietro e non approfondisce il giudizio sull’interprete. Anche sulla regia si può dir poco, perché, in verità, poco s’è vista. E ancor meno si può dire degli altri attori in scena. Giovanni Lucini, il barman, è stato un attento ascoltatore più che un attivo dialogante. Non si è mai opposto, ma ha sempre accompagnato la narrazione con superflui consensi: ciò significa che il racconto non è mai stato scosso da un antagonista e lo svolgimento in un attimo è diventata materia altamente soporifera. Lucini ha tentato di smuovere l’inamovibile prendendo varie posizioni, ma, avendo pochissime battute, obbiettivamente, non ne ha avuto la possibilità.

Claudia Grassi è sembrata una cliente più riservata, avulsa dal contesto, non ha neanche consumato una bevanda. Seduta in ribalta, prima a destra poi a sinistra, forse perché aveva il sole negli occhi – ma no, che dico, fuori (sul fondo) nevicava con prepotenza, poi è arrivata la pioggia: insomma, un tempaccio orrendo, triste e uggioso! – Anche lei aveva un libro in mano e avrebbe potuto distoglierci dall’agguato di Morfeo con qualche inaspettata trovata letteraria. Invece no: nello stesso bar, guarda caso, c’erano due clienti che leggevano lo stesso libro di Joseph Roth. Uno declamava il romanzo, l’altra ci allietava con le note a piè di pagina. E a noi nemmeno il sollievo di un caffè! Al termine, troppo gentilmente, la giovane vicina, quando le ho chiesto un parere, ha risposto che le sue aspettative erano ben altre. Poi, si è unita svogliatamente all’applauso del pubblico – di una parte del pubblico – e guardandomi con un leggero senso di colpa, s’è voluta giustificare: «Un applauso almeno alla carriera!».  (fn)
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La leggenda del santo bevitore, di Joseph Roth, adattamento e regia di Andrée Ruth Shammah. Con Carlo Cecchi e con Claudia Grassi e Giovanni Lucini. Suggestioni visive di Luca Scarzella e Vinicio Bordin. Spazio scenico disegnato da Gianmaurizio Fercioni. Luci, Marcello Jazzetti. Costumi, Barbara Petrecca. Produzione: Teatro Franco Parenti. Al teatro India, fino al 2 marzo

Foto: Giovanni Lucini e Carlo Cecchi (© ???)

 

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